
IL ROMANISTA (M. IZZI) - "Totti mi ricorda Gigi Riva", spartito e musica di Fabio Capello e dopo qualche annetto (sarà grave?) riesco a sentirmi di nuovo daccordo con un concetto espresso da Don Fabio. Il fatto è che Totti e Riva si assomigliano non solo dal punto di vista tecnico, ma direi, soprattutto, da quello umano, per le scelte di vita compiute e persino per i traguardi personali conquistati
Nel 1973, Gianni Agnelli e la nutrita corte bianconera dovettero trangugiare il boccone amaro della sconfitta nella finale di Coppa dei Campioni contro lAjax di Crujff. Il gol partita lo segnò Rep, con un colpo di testa balordo che lasciò annichilito Zoff. La finale si giocava a Belgrado, a fine partita Boniperti, sconsolato, si rivolse a Gianni Agnelli e gli disse: «Per vincere questa benedetta Coppa dei Campioni bisogna prendere Riva ». Il signor FIAT non se lo lascia ripetere due volte e inizia a martellare Andrea Arrica, presidente del Cagliari, che alla fine formula la sua richiesta: Capello (proprio lui
), Bettega, più uno a scelta tra Marchetti, Gentile e Cuccureddu.
La Juve avrebbe inoltre dovuto sborsare il denaro per lacquisto di Boni, Casarsa e Brignani e infine, favorire la cessione di Albertosi di cui il club sardo voleva liberarsi e garantire lingaggio di un altro portiere. Laffare andò in porto, ma Riva, per cui in bianconero era pronto un ingaggio da faraone, quando lo seppe piombò nella
sede del Cagliari come una furia e disse chiaro e tondo che se lo avessero venduto avrebbe smesso di giocare al calcio. Nessuno aveva mai detto no alla Juventus e a Gianni Agnelli
nessuno prima di Gigi Riva.
Nel nostro ideale ping pong la palla passa a Totti. A più riprese il Milan ha cercato di vestirlo di rosso-nero, ma lattacco più deciso è arrivato nellestate del 2004, e a volerlo a tutti i costi era il Real Madrid e il suo
stratega di mercato Arrigo Sacchi. Un bel giorno, è storia, el Madrid pensò bene di spedire a casa di Francesco la maglia numero 10 delle Merengues con il nome Totti già stampato sopra. Lingaggio proposto era molto, molto, molto
ma molto alto. Francesco ci pensò su, per più di un motivo: «Mi avevano etichettato come un giocatore normale, non ero mai decisivo, sbagliavo le partite che contano, per tante persone
non ero il capitano ideale. Tutte cose che mi ferivano. Non dico che mi fossi già messo daccordo, ma cè mancato poco, anche perché il contratto era quello che era, cioè molto più di quanto guadagnavo alla Roma. Però per me non si trattava di un fatto economico, altrimenti me ne sarei andato subito a Madrid. Ho voluto dimostrare che non giocavo solo per i soldi, ma per amore di questa maglia. Vincere con la squadra del cuore non ha prezzo (
) i sogni non si possono cambiare». La poesia del calcio è tutta qui, e come ogni grande poesia che si rispetti è rara, preziosa e non tutti la capiscono. Ci vuole sensibilità, qualcosa dentro che ti guida e che apre il cuore e spalanca la mente. Eccoli, ancora, Totti e Riva, accomunati dalle gioie e dai dolori dati
loro dallazzurro della Nazionale. Entrambi hanno disputato con lItalia due finali, quella dei campionati dEuropa e quella dei Campionati del Mondo. Entrambi ne hanno perduta una e vinta laltra. A Francesco, fortunatamente è toccato di alzare al cielo la Coppa del Mondo, Riva ha trovato sulla sua strada i supplementari contro la Germania e Pelé e ha dovuto accontentarsi della Coppa Europa.
A pochi minuti dallinizio della gara contro la Francia nel 2006, dalla postazione della RAI, Riva fu lultimo dello staff azzurro a rilasciare una dichiarazione: «Sono arrivato sin qui per due volte, nel 1970 e nel 1994 non ho mai toccato quella Coppa, questa volta vorrei proprio riuscirci, dico solo questo ». Le sue parole furono profetiche e la vittoria di Berlino ha finito per unire ancora di più queste due leggende del calcio. Interpellato da Franco Bovaio sul suo rapporto con il capitano della Roma, Riva ha avuto modo di dire: «Parliamo spesso. Francesco, come tutti gli altri, sa che può sempre contare su di me. Non solo per questioni professionali, ma persino per quelle personali, private, troverà la mia presenza costante ». A farli assomigliare come gemelli siamesi, ci sono ancora mille altri aspetti, come la capacità di entrambi, di recuperare da infortuni pazzeschi, quellergersi a aladini immortali di uno scudetto che ha fatto epoca e quel mai smarrito, infallibile senso del gol. E poi, e non è poco, questi due campioni hanno in comune il sorriso con cui si offrono al gioco del calcio sorriso con cui Francesco si è recato a battere il calcio di rigore contro lAustralia sorriso stravolto con cui Gigi Riva, ha liberato la gioia subito dopo il gol contro il Messico ai Mondiali del 70.
Scrisse Gianni Brera: «Riva si è destreggiato, leoninamente, contro tre messicani e, liberandosi sulla sinistra, dando quindi limpressione di voler aprire verso lestrema, improvvisamente, prodigiosamente, si è voltato in torsione danca e colpendo con lesterno sinistro ha infilato, in diagonale, langolino opposto. Il gol è stato tale da meritarsi unovazione. In piedi eravamo tutti. Riva ginocchioni, ha dato limpressione di rendere grazie a Giove Ottimo Massimo per quanto finalmente gli era riuscito e secondo autentico timbro della sua classe» Eh si, governo ladro, Capello questa volta ha ragione!