Se il gioco si fa duro

14/11/2009 alle 12:21.

IL ROMANISTA (A. MANDOLESI) - Il periodo nero di Daniele De Rossi sembra protendersi verso… l’infinito. Da due anni Capitan Futuro è costretto a superare ogni sorta di contrarietà che la vita è in grado di contrapporre. Così, volta per volta, saltando indifferentemente dalla sfera privata a quella fisica, il centrocampista più coriaceo della storia della Roma combatte contro tutte le avversità che, per quanto superabili, gli impediscono di mantenere


Personalmente ho pensato mi stessero facendo uno scherzo malgrado la fonte a cui mi stavo rivolgendo fosse da considerare come estremamente attendibile. Un giocatore che esce da un ospedale dopo un intervento chirurgico, costretto il giorno dopo a rientrarci per una ragione totalmente indipendente dalla prima? Roba da non credersi! Eppure è veramente accaduto, e adesso dovremo attendere che la cosa si risolva al più presto, anche se questo ennesimo ostacolo impedirà a di tornare in campo nella partita contro il
Bari, come invece avrebbe voluto e potuto fare.

 

Mi domando: se perfino Daniele si arrende alle avversità, se finanche lui, giustamente considerato alla stregua di un highlander, è costretto allo stop, come possiamo sperare che gli altri giocatori "umani", e soprattutto qualche scansafatiche, possano rendersi disponibili per un numero sufficiente di partite? Questo è il punto, diventato il più grande impedimento al raggiungimento degli obiettivi prefissi. Se davvero puntiamo ancora al quarto posto, non potremo certamente prescindere dall’avere tutta, o almeno gran parte della rosa disponibile per i restanti due terzi di campionato. Stessa storia se qualcuno guarda ad Amburgo per la finale di Europa League. Pensate che, per arrivare alla gara di mercoledì 12 maggio, ci sarebbero ancora 10 partite da giocare di giovedì (2 in questo girone e 8 per le eliminazioni dirette, dai sedicesimi alle semifinali). Per non parlare delle 5 partite di Coppa Italia che potrebbero portarci verso la tanto agognata Stella d’Argento.

Cosa si può fare per ridurre al minimo questo tipo di rischi? Migliorare tutto ciò che dipende da noi. Si parlava all’inizio di campi dissestati che propiziavano molti infortuni durante gli allenamenti. Mi sembra che adesso si sia provveduto al necessario rifacimento. Qualche responsabilità era stata attribuita anche allo staff medico, ma anche adesso che qualcosa è cambiato… le cose non sembrano essere cambiate (scusate il gioco di parole). Restano quindi gli infortuni che scaturiscono dai traumi. Di quelli, però, nessuno può essere ritenuto responsabile. La Roma, statistiche alla mano, è la squadra che ha costretto più volte il proprio allenatore a cambi obbligati, soprattutto nei primi minuti della gara. Su questo argomento non ci sono rimedi.

In Brasile ricorrerebbero a qualche bella Macumba o alla che chiamano Magia Bianca, ma qui non siamo nel Paese del Samba, siamo a Roma e c’è il Divino Amore come meta di pellegrinaggio. Come fare, però, con chi non avesse neppure il conforto della Fede? In questo caso dovremmo rimboccarci le maniche per combattere da duri e vedere chi, a gioco lungo, la vince. Noi romanisti siamo buoni e cari, ma se ci provocano sappiamo anche essere tignosi. Insomma, quando il gioco si fa duro (ed il gioco si è fatto mooolto duro) i duri cominciano a giocare.