Quella rete in difesa della famiglia

16/11/2009 alle 09:12.

IL ROMANISTA (S. PETRUCCI) - Che fine ha fatto Pippo Marra? Sta alla grande. Non scrive, per ora, lettere ai Corinzi, né per fortuna ai romanisti. Ma vive e lotta insieme a noi. Pardòn, insieme a loro. Alle Sensi, ai loro problemi, alle loro ansie.

Anche a costo di distogliere tempo ed energie dall’impero editoriale che ha costruito, sotto una sigla non poco autoreferenziale ("Piemme", vale a dire Pippo Marra), attorno all’Adn Kronos, l’agenzia di stampa fondata da Pietro Nenni e da lui rilevata a fine degli anni Settanta.

 

Davanti all’amicizia, per l’editore-cavaliere del lavoro - appunto - non c’è lavoro che tenga. E sabato scorso, infatti, quando la gran parte di voi si dedicava con ogni probabilità allo shopping, al riposo, al weekend senza campionato, insomma ai fatti propri, il cavalier Marra non si è risparmiato. Per un’oretta è stato ospite di Gianni Letta, a Palazzo Chigi. Qualcuno ha detto che nell’ufficio del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, l’eminenza grigia per eccellenza del Paese, ci fosse anche Alessandro Profumo, che in realtà era a Milano.

Non serviva del resto la presenza fisica dell’amministratore delegato del gruppo Unicredit per parlare della crisi di Italpetroli, del complesso intreccio di alleanze e di protezioni messe in campo per difendere le Sensi dall’aggressione dei creditori, delle soluzioni da trovare per evitare - quanto meno per limitare - l’erosione del patrimonio delle eredi del compianto presidente della Roma; in particolare per consentire di escludere

dall’assalto delle banche il possesso del club, unica vera fonte di reddito (e di potere) della famiglia che lo detiene ormai da sedici anni.



Proprio per questo il cavalier Marra ha da tempo chiesto aiuto al potentissimo Letta
, che non a caso nella sede del governo ha già ricevuto la stessa Rosella. E’ nell’ambito di questo importante contatto che è scaturita, tra l’altro, l’idea di affidare i destini patrimoniali della famiglia Sensi a Cesare Geronzi, il numero uno di Mediobanca un tempo non poco inviso a Franco, che ha di fatto creato uno scudo di rara efficacia a copertura dei debiti di Italpetroli e, di conseguenza, dei desideri dei suoi amministratori.



Pippo Marra si è speso spesso in questo senso, specie da un anno a questa parte. E’ lui il grande stratega del piano che punta alla conservazione dell’ultimo gioiello di famiglia, costi quello che costi. Toglieteci tutto, ma non la Roma,il grido di dolore partito da Villa Pacelli. L’amico-consigliere lo ha raccolto, si è schierato

pubblicamente, con le due lettere ai tifosi che sapete e anche con quella inviata al "Romanista" a inizio novembre 2008, nella quale si definiva "amico di Rosella Sensi, come dell’ indimenticabile padre Franco. Amico vero, per chi lo sappia, lo si è sempre: nel tempo buono e in quello cattivo".



Soprattutto, è sceso in campo con tutto il peso della rete di conoscenze che ha pazientemente assemblato in decenni di assidue frequentazioni. Esperto come pochi di sussurri romani, taciturno e concreto, riservato e astuto, Marra bazzica i palazzi del potere da una vita. Calabrese di Castelsilano, provincia di Crotone, un paese con poco più di mille anime a quasi mille metri d’altidudine e una strana storia: nacque con il nome di Casino, ma guarda un po’; a maggio del 1950, per l’evidente sconvenienza del toponimo, l’amministrazione di Stato ne cambiò la denominazione con quella attuale.

Marra vive a Roma dagli anni Sessanta. In gioventù missino della corrente di Arturo Michelini, ha attraversato quasi quattro decenni di politica cambiando rotta con fiuto degno di uno skipper di Alinghi, cavalcando le onde spesso sovrapposte della marea Dc-Psi. Amico personale di Vincenzo Scotti, dei Leone, di Salvatore Tatarella, di Eugenio Cefis, di Lamberto e Donatella Dini, di Claudio Signorile, di Bettino Craxi, soprattutto di Francesco Cossiga, di cui è stato letteralmente l’ombra, ha navigato qualsiasi mare e annusato qualsiasi vento, diplomatico e trasversale, determinato e scaltro.



Conoscere e frequentare bene pare il suo motto. Accompagnarsi con i potenti, accudirli e rispettarli la sua regola di vita. Giusto un mese fa, premiato come imprenditore di successo dall’associazione "Calabresi nel mondo", è uscito dalla cerimonia cui erano presenti il sindaco Alemanno e lo stesso Letta a braccetto con un distinto signore americano anche lui originario di Crotone: si chiama Leon Panetta, avvocato, accademico, esponente del partito democratico statunitense; soprattutto della Cia da gennaio di quest’anno, per designazione di Barack Obama.



Vicino a Franco Sensi da sedici anni, come raccontò lui stesso con quella prosa enfatica e farcita di riferimenti storico-esoterici, nella sua celebre prima lettera ai tifosi giallorossi, è il più feroce difensore degli interessi dei proprietari della società per la quale non ha mai tifato: un popolare sito, "Romatiamo", pubblica da mesi spietatamente una sua foto con il berretto della Lazio calcato in testa, scattata all’Olimpico in occasione del derby del 17 dicembre 2000, quello deciso dall’autogol di Paolo Negro.



Gusti sportivi a parte, non ha mai lasciato Rosella da sola: fu proprio nel salotto della sua casa romana con vista su Montecitorio (ha anche una villa fuori porta, a Formello: un caso?) che a fine luglio del 2007 il presidente della Roma e Massimo Moratti raggiunsero l’accordo per il passaggio di Chivu all’Inter. Ed è frutto del suo genio di comunicatore, come ha rivelato più di un testimone e non è mai stato smentito, la storia dell’offerta araba che nell’estate del 2008 fece saltare definitivamente la trattativa con Inner Circle.



Ora, da settimane, spendendo amicizie al solito potentissime (neanche a dirlo, è in eccellenti rapporti anche con Silvio Berlusconi), il cavalier Pippo sta lavorando a un’altra formidabile impresa di salvataggio. Un’impresa che costituirebbe il suo capolavoro di grande tessitore di trame politico-finanziarie. Al fianco di Geronzi, sta provando a cedere a una banca asiatica - araba o indiana, si dice - il debito di Italpetroli nei confronti di Unicredit. Gli stranieri si accollerebbero i 300 milioni dovuti all’istituto di Profumo, aprendo una nuova linea di credito al gruppo petrolifero ormai in default, in cambio di una solida garanzia: la Roma 2000, la società che controlla l’As Roma. Un’operazione che farebbe evaporare la pressione di Piazza Cordusio sulle

Sensi, garantendo il tempo necessario per rivalutare (o comunque cedere senza affanni) gli asset già in ballo, dai terreni di Torrevecchia ai depositi di Civitavecchia e Gioia Tauro, e magari per arrivare a dare corpo al sogno-stadio.

Di sicuro, per mantenere ancora saldamente le mani su Trigoria. Un intreccio complicato, ai confini dell’impossibile. Ma la strada battuta dal potente amico dei potenti è questa. Capito che fine ha fatto Pippo Marra? Ma piuttosto: che fine farà la Roma?