Non prendiamo fischi per fiaschi

03/11/2009 alle 09:52.

IL ROMANISTA (G. DOTTO) - Si pensava che il suo “…e ora scordatevi il bel gioco” pronunciato con piglio pattoniano il giorno dello sbarco a Frigoria (sarebbe Trigoria, ma il correttore automatico si ostina e, a pensarci bene, ha ragione lui) fosse stato il punto più scadente del suo passaggio romano. Sbagliavamo. L’eccesso di zelo demagogico ha spinto ieri Claudio Ranieri a surclassarsi nella corsa al peggio. Demagogia oggi è sparare sul tifosopiccione. Così fan tutti. Lo fanno le istituzioni, lo fanno i presidenti arroganti e gli opinionisti sprezzanti. Ora anche gli allenatori...

In quanto ai tifosi della Roma, a quegli eroici ventisettemila, che ancora trovano misteriose risorse per mettere tra sé e l’Olimpico un autobus da prendere, manca solo che una folgore divina li incenerisca. A parte questo, nulla gli è stato risparmiato. Ieri l’intemerata di Ranieri. Furioso, anzi furibondo. E’ qui da troppo poco tempo, aiutiamolo, il labbro di Testaccio, a capire due o tre cose che non sa di noi. Mentre lui se ne stava a braccia conserte tra un Blanc e un Del Piero, noi eravamo già nella graticola dei Soros spariti, dei comunicati inflitti e delle promesse mancate. Cementati nella lapide dell’auto finanziamento (concetto, come si è visto, che va esteso a tutta la Famiglia).

Mentre lui sfilava impettito e molto poco testaccino tra Londra e Torino, noi subivamo le più feroci delusioni. Mentre lui programmava il suo lussuoso futuro, noi eravamo qui a lucidare, sotto i tacchi della Zarina, gli stracci di un improbabile presente. Non so se Ranieri ha contato fino a tre o a dieci prima di straparlare domenica. Possibile che nel cerchio della sua onorevole chierica non si sia conficcato il più elementare sospetto: che se il tifoso reagisce così abnorme, forse è perché qualcosa di enorme è avvenuto prima.

Che se uno “si taglia le palle”, come dice lui con pattoniana espressione, vuol dire che il malessere è profondo, l’esaperazione totale. Che i tifosi non sono scimmie ammaestrate, tappezzeria da stadio. Che quei fischi non erano contro Vucinic, ma contro se stessi. Contro la propria nausea e la voglia di essere altrove. La nostalgia di un passato mica così remoto. Quando almeno si giocava bello, se proprio vincere non si può e sognare nemmeno. Non gliene frega niente al signor Ranieri di questo malessere? L’Olimpico deserto non gli suggerisce nulla? Allora taccia. Mediti. Sia più rispettoso dei suoi capelli bianchi. Le palle, a volte, uno se le taglia perché non sa più che farsene del proprio desiderio.