
IL ROMANISTA (S. PETRUCCI) - Galleggiamo. Come una zattera, se non qualcosa di peggio. Galleggiamo sotto la flebile spinta di un 2-1 che alla fine non ha acceso lombra di un sorriso in Rosella Sensi, figurarsi nei tifosi (pochi quanto avvelenati) che in questa Roma non solo non si rispecchiano più, ma proprio non riescono a scorgere concreti motivi di entusiasmo.
sospinti dallindicibile debolezza del Bologna, nel fiume di un campionato che affascinerà pure qualche celebre critico, ma a noi continua a sembrare di uno squallore sinistro.
Con questa vittoria pesante quanto orfana di gioia, ci arrampichiamo a quota 14, tre punti sulla Lazio, cinque sulla zona-retrocessione, ma anche a sei dal podio buono per lEuropa che conta, ultimi nella tonnara che vede ammucchiarsi tredici squadre in sette punti, dalla
Juventus seconda a noi, appunto, quattordicesimi.
Teoricamente, siamo ancora in corsa per tutto, scudetto a parte (quello può perderlo solo Mourinho): per la zona Champions, per lEuropa League, per la mediocrità assoluta. Dipenderà da un sacco di cose, oltre che dalla buonasorte: innanzitutto dal recupero di Francesco Totti, fondamentale architrave del presente e del futuro, alla faccia dei trentatrè anni e dei mille acciacchi; dalla ripresa di altri, intravista in De Rossi a Udine e, almeno per il giudizio di Ranieri, molto meno per il nostro, scorta ieri anche in giocatori di elevata cifra tecnica come Vucinic, Menez e Baptista; dalla determinazione di un gruppo evidentemente logoro quanto confuso (vi raccomandiamo lo scempio del vaffa tirato da Perrotta al pubblico dopo il gol); dalla complicata ricostruzione
atletica di qualche interprete (un esempio su tutti: Brighi); dalla capacità dello stesso allenatore di dare uno staccio di gioco alla squadra, dopo averle ridato un minimo ma giusto un minimo di anima e di equilibrio psicologico.
Dalla possibilità, chissà quanto realizzabile, che si spezzi la catena di infortuni che affligge Trigoria ormai da anni (Juan a parte: lì siamo ormai sprofondati nella tragicommedia): anche ieri, tralasciando il caso del lungodegente brasiliano, abbiamo lasciato sul campo, e sempre per guai muscolari, due giocatori pure giovani come Motta e Menez. Evitiamo come vedete cenni alla società: una proprietà che fosse nuovamente nelle condizioni di tornare a investire, in termini di acquisti ma anche di organizzazione e quindi di peso politico e di immagine, favorirebbe un pieno rilancio delle ambizioni della squadra, molto più degli elementi appena indicati. Ma su questo fronte sbilanciarsi in analisi e soprattutto in oroscopi è impresa titanica. Le Sensi non hanno la minima intenzione di farsi da parte, lincrocio dei loro interessi con quelli delle banche pare sempre più inquietante, oltre che sempre più distante dai sogni e dalle aspettative dei tifosi: Rosella
sospira, come ieri a fine partita, il popolo giallorosso di più.
Sul campo, luno-due firmato da Vucinic e Perrotta a scavalcare lennesimo choc impostoci dal primo avversario al tiro non ci consegna francamente prospettive diverse. La Roma è quello che avete visto, specie in assenza di elementi del peso di quelli seduti ieri in tribuna: una squadra che si sforza di essere ordinata, accorta, volitiva. La qualità, lasciamo perdere lo spettacolo, è però tuttaltra cosa. Evaporato per sempre il senso della manovra spallettiana, anche per loggettiva usura degli interpreti, quello assemblato da Ranieri è un gruppo di consistenza provincialotta, possesso-palla e giocate elementari, manovra scarna e legata inevitabilmente alle iniziative individuali.
Un team pragmatico nella sua semplicità, sfigato fino allincredibile nelle situazioni difensive, senza lindispensabile concretezza in attacco. Vucinic e Menez, che per caratteristiche proprie già non costituiscono
un assortimento ideale, ieri se non altro si sono battuti con discreto impegno. Ma quando uno svariava sullesterno, laltro non arrivava a chiudere in mezzo. Per ragioni imperscrutabili (o chiarissime: dipende dai punti di vista), nessuno dei due ha praticamente mai fatto il centravanti, ad eccezione del montenegrino in un paio di occasioni. Servirebbe un terminale di stazza, abile nel gioco aereo e di autentica cattiveria agonistica, per dare corpo e sbocchi a quella (non) manovra elementare nel migliore dei casi, piatta e banale nel peggiore. Ma qui si entra in un terreno minato: quello di un mercato del quale, alla luce della situazione di cassa della Roma, e di Italpetroli, è ormai più idiota che inutile parlare. Hanno deciso il match due dei giocatori più spernacchiati, e non solo ieri, dai tifosi inviperiti: lattaccante del Montenegro tornato finalmente al gol in campionato dopo un inseguimento durato la bellezza di cinque mesi, il centrocampista-incursore per tre stagioni simbolo dellepoca doro di Spalletti. Il primo non è riuscito a strappare applausi convinti neanche facendo per una volta il suo dovere, il secondo ha pensato bene di festeggiare lobiettivo minimo (volevamo astenerci anche dal battere quei poveracci del Bologna?) sparando un vaffa rabbioso ai tifosi. Quelli che
lo stavano fischiando senza pietà, certo, ma anche gli stessi che con la loro passione in costanza di autofinanziamento hanno appena consentito alla società di prolungargli il contratto fino a giugno 2011, alla modica cifra di 3,1 milioni lordi allanno. Sarebbe il caso di non dimenticarselo, anche sotto il peso di una contestazione senza dubbio spiacevole, ma altrettanto sicuramente più che motivata.
Un gol e un vaffa ci allontanano così dalle secche della classifica, non dai dubbi che continuano ad affliggerci, anche alla luce di un calendario tuttaltro che agevole. Tra i tanti, il più odioso resta forse quello legato alla situazione sanitaria di questa squadra che continua a perdere pezzi senza soluzione di continuità. Juan, che per la centesima volta si è arreso a un guaio muscolare, è lemblema di uno scenario da tempo sprofondato nel ridicolo. Se sta di nuovo male, come sembrerebbe, più che preoccuparsi di indagare sulla salute che il
brasiliano pare miracolosamente trovare o perdere) ogni volta che si avvicina un impegno con la Seleçao, meglio sarebbe imporgli una bella visita fiscale. Per prendere in esame, perché no, la possibilità di ricusare il ricchissimo contratto firmato pochi mesi fa.
Nel frattempo, che giochi pure Andreolli, che forse non a caso Ranieri ha definito implacabile e puntuale come una cambiale. Basta con gli sfigati, basta con i fraciconi.