Flora Viola, addio a un’epopea

11/11/2009 alle 09:43.

CORSPORT (P. TORRI) - Il sorriso di Flora Viola si è spento ieri, nel primissimo pomerig­gio. E si è spento il sorriso di tutto il mondo romanista. Perché Donna Flora, come è sempre stata chiamata con grande e sincero affetto, non è stata solo la moglie dell’ingegner Dino Viola, il presidente del secondo scudetto, è stata assai di più. Se non altro per quel ruolo di presidentes­sa, prima nella storia del calcio italiano, che assunse con co­raggio e cuore roma­nista, quando l’inge­gnere se ne andò per un male incurabile, lo stesso che ha portato via il sorriso di Donna Flora. Una persona che aveva fatto della discrezione e del­l’educazione uno stra­ordinario stile di vita, lasciando il segno per la sua signorilità e per il grande legame che tutta la sua famiglia ha sempre..



La signora Flora è sempre stata amatissima dal mondo giallorosso, fi­no a qualche anno fa non mancava mai a una partita della Roma allo sta­dio Olimpico, come era sempre pre­sente alle feste dei tifosi, con quel­l’invidiabile sorriso che l’ha sempre contraddistinta, quel sorriso che ri­cordano bene tutti i giocatori della Roma degli Anni Ottanta, che sape­vano di poter contare sempre su Donna Flora quando c’era da discu­tere qualche cosa con il presidente.

Bruno Conti, uno dei protagonisti principali di quella Roma che si tra­sformò, dopo anni di anonimato, nel­la sfidante della di Boniper­ti e del Trap, quando ha saputo la no­tizia non è riuscito a trattenere le la­crime: «E’ una notizia che mi colpi­sce al cuore, sono addoloratissimo. Voglio abbracciare i tre figli, Ettore, Riccardo, Federica, tutta la famiglia Viola che mi ha fatto vivere un’epoca straordinaria della Roma. La signora Flora la ricordo sempre al fianco del­l’ingegnere e poi anche come il no­stro presidente, felice a Genova per quella Coppa Italia che avevamo vinto. Ci mancherà.

Con il suo sorri­so sapeva sdrammatizzare qualsiasi situazione» . Anche ha voluto ricordare la signora Viola: «Mi ha sempre colpito per la sereni­tà che riusciva a trasmettere insieme alla signorilità. Soprattutto ricordo il suo sorriso che per me, giovane cal­ciatore, è sempre stato rassicurante. Un abbraccio a tutta la famiglia» .

La Roma ha ricordato la signora Viola con una nota nel sito ufficiale della società giallorossa. Anche il mondo politico della Capitale ha vo­luto manifestare il suo cordoglio per la scomparsa della signora Viola. Il sindaco Alemanno ha diffuso una no­ta, anche l’ex sindaco Walter Veltro­ni, il Presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, il Presiden­te del Consiglio Comunale Marco Po­marici, hanno voluto ricordarla con parole che si possono riassumere co­sì:

«Con la scomparsa della signora Viola se ne va un pezzo della Roma. Ne siamo addolorati profondamen­te » . Ci associamo con tutto il cuore abbracciando i figli Ettore, Riccardo e Federica, la nipote Francesca che ancora oggi lavora nella Roma con la Roma nel cuore.

Alla famiglia Viola le più sentite condoglianze del Corriere dello Sport- Stadio

L’INTERVISTA DEL 30 GENNAIO 1991

Le sue parole da presidente «Nella mia Roma vorrei sempre giocatori come Rocca E che gioia per lo scudetto!»

Ecco un estratto dell’intervista, pubblicata sul Corriere dello Sport-Stadio il 30 gennaio 1991, che il nostro direttore Ales­sandro Vocalelli realizzò con la signora Flora Viola subito dopo il suo insediamento alla presidenza della Roma.

Signora, il primo incontro con Dino Viola.

« Lui studiava già a Roma ma l’estate veniva in villeggiatura sull’Appenino Toscano. Io ero in vacanza con la famiglia, avevo 18 anni soltanto. Conoscerci, come succede ai ragazzi, fu facile».

Poi ha conosciuto l’amore di Dino Viola per il pallone.

«Mi diceva che non aveva mai avuto dubbi. A 14 anni aveva de­ciso che avrebbe acquistato la Ro­ma, che avrebbe fatto il presidente.

Si era innamorato della squadra quando abitava in via Machiavelli.

Un giorno vide sfi­lare i tifosi, prese a seguirli si ritrovò nello stadio. Il mio ' impatto' è stato altrettanto romantico. Un passeggiata in bi­cicletta con Dino ed altri amici, fino a Livorno. Dove giocava la Roma, la Roma che avrebbe vin­to il suo primo scudetto».

Lei ha accompagnato suo ma­rito in tutte le trasferte, in Italia e all’estero. Quale ricorda con maggiore affetto?

« Quando a Genova vincemmo lo scudetto. I tifosi facevano fe­sta, la à cantava di gioia, noi invece andammo direttamente a Terrarossa, a brindare tra noi.

Tra l’altro la festa fu rovinata dal­la vicenda- Falcao. Voleva andar via e mio marito faticò moltissi­mo a trattenerlo».

Ma lei, per un momento soltan­to, è stata 'gelosa' della Roma?

« Una volta soltanto, nel ‘ 76. Ci trovavamo a Chian­ciano e, pochi lo sanno, mio marito rischiò la vita. Fu ricoverato d’urgen­za per un’ulcera perforata. Al risve­glio dell’operazione mi disse: “Flora, mi sarebbe dispiaciuto morire. Non ho ancora fatto nulla per la Roma”. Io ci rimasi malis­simo. Poi capii. Il calcio era la sua grande passione».

La partita più amara?

«Non ero allo stadio per la fina­le di Coppa Campioni. Mia figlia Federica aspettava il primo figlio, ogni momento poteva essere buo­no. Ed io non potevo lasciarla per­ché lei già soffriva terribilmente nel non poter seguire la squadra. Vedemmo la partita in tv ed aspettai mio marito: non è possi­bile, non è possibile continuava a ripetermi. Il giorno dopo però...».

Il giorno dopo?

«Non voleva rilasciare intervi­ste, non voleva parlare al telefo­no. Andai io perciò, a rispondere. Era il presidente Pertini: “Dica a suo marito di non rammaricarsi. E’ come se la Roma avesse vinto ugualmente”. Dino parlò con Pertini e ritrovò il buon umore».

C’è qualcosa che non ha condiviso nella sua gestione?

« Forse l’impe­gno, lo sforzo, per costruire il nuovo stadio. Non perché non avesse ra­gione: oggi tutti si affrettano a di­re che che Dino Viola aveva visto più lontano di tutti. Ma avevo in­tuito che non ci sarebbe stato nul­la da fare, che non sarebbe mai scattato il meccanismo giusto. Sensazioni di donna, che purtrop­po si sono rivelate esatte».

Se la vedesse presidente, cosa direbbe Dino Viola?

« Non riesco a pensare ad una risposta perché a lui una cosa del genere non era venuta mai in te­sta. Non pensava, non avrebbe mai pensato, a cosa gli stava per riservare la sorte. Forse l’unico campanello di allarme era il suo scarso appetito ma ci diceva che dipendeva dagli impegni, dalla fatica, dallo stress a cui era stato sottoposto quest’anno».

Il carattere di Dino Viola ed il suo.

«Forse io sono più accomodan­te. Lui era capace di giudicare su­bito una persona, io sono portata a credere di più nella gente. Ho capito, ora so per­fettamente però, che in tanti gli han­no voluto bene».

Eppure si dice anche che lei ab­bia più volte pro­vato a convincere suo marito a la­sciare.

«Sarebbe stata, credetemi, una fatica inutile».

Pensa che il suo esempio, una donna presidente, finisca per es­sere seguito?

«Non sono una femminista. Nel senso più acceso della parola. Ma credo che anche una donna possa dire e fare qualcosa. Il calcio non è più uno sport maschilista».

C’è un giocatore dei dodici an­ni di Dino Viola che vorrebbe ve­dere nella 'sua' Roma?

«Francesco Rocca, come si po­trebbe rinunciare ad uno del suo temperamento?».