IL TEMPO - Era l'alba degli Anni Ottanta quando nasceva una nuova Roma, Nils Liedholm accanto al nuovo presidente, una coppia che avrebbe portato nella Capitale il secondo scudetto dopo quello degli anni bui della guerra. Flora Viola sarebbe stata, e sia pure per un periodo troppo breve, la prima signora sulla poltrona presidenziale, dopo la scomparsa del marito, non le sarebbe dispiaciuto lasciare la società in mani affidabli come quelle di Franco Sensi, la politica impose un infausto interregno di un anno, una parentesi che il popolo giallorosso ha preferito dimenticare.
Ma anche negli anni successivi Donna Flora sarebbe stata una presenza costante a fianco della squadra del cuore, presenza discreta come quella che aveva segnato gli anni in cui il suo Dino era protagonista assoluto del calcio capitolino. Era stato il presidente capace di prendere a robuste spallate il solidissimo Palazzo del potere, la Roma aveva cominciato a contare qualcosa, se è vero che per la prima volta aveva potuto godere di qualche privilegio, nessuno dimentica gli episodi riguardanti Eriksson in panchina e Cerezo in campo.
Personalmente ricordo con infinito affetto quel salotto dei Parioli nel quale la signora Viola era splendida padrona di casa, capace anche di attiva e intelligente partecipazione ai discorsi con il marito, con Liedholm, con i figli, da casa Viola era passato perfino Zico, prima che le sottili arti strategiche di Liedholm inducessero il suo presidente a deviare su Falcao. Rarissime le trasferte delle quali Donna Flora non fosse partecipe, nonostante gli atteggiamenti sgradevoli di qualche stadio del Nord, il suo soriso e la sua ironia sterilizzavano sul nascere qualsiasi forma di provocazione. Suo intento, una sommessa sorveglianza su Dino che, nei pranzi collettivi, girava tra un tavolo e l'altro a spizzicare, schivando la bonaria disapprovazione della First Lady.
A Dino e Flora Viola sono rimasto legato da un'amicizia profonda, che neanche la scomparsa del presidente è riuscita a spezzare, ogni occasionale incontro era improntato a un reciproco, sincero affettto. Si chiude forse veramente un'epoca, che aveva segnato il reale avvento della Roma nella élite del calcio nazionale, a dispetto della dura opposizione di chi, da sempre, manovrava le leve del potere. A Riccardo, a Ettore, a Federica vada un abbraccio fraterno, sanno che il mio rimpianto viene dal cuore.