IL ROMANISTA (S. PETRUCCI) - Ma insomma, la Roma è in vendita? Formalmente, lo è da sei mesi. E De Rossi? Lui no, per carità. Almeno speriamo. Ma una cosa alla volta. Dunque la Roma potrebbe essere teoricamente ceduta, in base allaccordo sancito il 29 maggio scorso tra le Sensi e la più celebre banca daffari italiana. E di quel giorno il comunicato di Italpetroli, la holding che controlla il 67 per cento del club giallorosso: "Abbiamo informato Unicredit di avere avviato dei contatti con Mediobanca e comunicato lintento di Compagnia Italpetroli di avvalersi della stessa per studiare le migliori modalità per gestire lattuale situazione debitoria nei confronti del ceto bancario"...
Però la cessione, appunto, resta formale, come afferma il nuovo comunicato emesso ieri sera sempre da Italpetroli. Comunicato che smentisce (Mediobanca non ha ricevuto "alcun mandato a vendere il pacchetto azionario di controllo di As Roma") e al tempo stesso conferma, sia pure con tutte le cautele di chi tiene a precisare che il club non si tocca, salvo essere proprio costretti a farlo: Mediobanca, recita ancora linformativa di Italpetroli, è ladvisor finanziario incaricato della ristrutturazione del debito del gruppo; "a questo fine e in questo contesto, ovviamente se opportuno, può rientrare la consulenza anche su possibili operazioni di dismissione".
Insomma, se proprio arrivassero offerte irrinunciabili si vedrà. Ma lintenzione di fondo è unaltra. Manifestata sei mesi fa, previo lo spettacolare matrimonio con un altro storico nemico del patriarca Franco, il potente Cesare Geronzi. E a Mediobanca che si è ricorsi come consigliere di gestione: da quasi centottanta giorni, linfluente merchant bank fondata nel 46 da Enrico Cuccia si occupa concretamente, a fronte della necessità di ripianare le pesanti esposizioni di Italpetroli (325 milioni con Unicredit, 80 con Montepaschi), della valorizzazione - e quindi della possibile cessione - dei gioielli di famiglia Sensi. Nessuno escluso: dalle attività immobiliari a quelle di stoccaggio, fino alla Roma. Qui cè poco da smentire. E del 20 giugno scorso lannuncio del gruppo Italpetroli sulle "verifiche in corso", da parte della compagnia stessa e "delladvisor Mediobanca, in merito alla manifestazione di interessi rappresentata da Vinicio Fioranelli per conto di una società di diritto svizzero".
Verifiche che come sappiamo si conclusero con un giudizio negativo: "Nonostante gli sforzi profusi - recita il comunicato emesso dallItalpetroli il 25 giugno - non si sono realizzate le condizioni per proseguire nella valutazione di uneventuale operazione". Con un ulteriore sforzo di chiarezza, lo hanno precisato ieri fonti della stessa Mediobanca al sito romagiallorossa. com, con diverse ore di anticipo sulla comunicazione delle Sensi: "Il mandato a vendere di Italpetroli esiste da molto tempo e comprende anche l As Roma. Ma al momento non esiste alcun tipo di soggetto interessato allacquisto del club giallorosso". E in effetti, alla faccia delle smentite, su versante Mediobanca stanno affiorando azioni che non portano più ad escludere la soluzione fin qui fermamente respinta dai proprietari della Roma. Con ogni probabilità anche in conseguenza dellaccelerazione imposta da Unicredit al tentativo di rientrare in ogni modo del debito contratto da Italpetroli.
Dietro alle minacce di querele, di denunce, di richieste di danni, si profila in effetti una realtà inconfutabile: prima o poi, i conti con Unicredit (e con Montepaschi) andranno saldati. Fino a pochi giorni fa, per essere chiari, la banca daffari di Geronzi, su indicazione dei propri clienti, vale a dire le Sensi, si era mossa in un ambito diverso: proviamo ad allentare la pressione delle banche sul gruppo, cerchiamo di valorizzare al meglio gli asset, facciamo in modo di cedere per coprire almeno in gran parte i debiti, possibilmente senza perdere la Roma. Nelle ultime ore, come rivelato da "Milano Finanza" e da altri autorevoli operatori del mondo finanziario, da Mediobanca sono partiti alcuni confidentially agreements (accordi di riservatezza) diretti ai potenziali interessati: quattro o cinque realtà, tra gruppi industriali e gestori di fondi italiani. Insomma: le Sensi non vorrebbero mai separarsi dal club acquisito oltre sedici anni fa e ormai evidentemente in affanno. Ieri lo hanno messo nerio su bianco, smentendo addirittura il non-smentibile: la concessione alladvisor di un mandato ampio, già esercitato nella vicenda-Fioranelli. Del resto, se la Roma è lunico asset di italpetroli realmente appetibile, come escluderlo in eterno da uneventualità di cessione?
Certo, è grottesco vedere smentito quanto è già nei fatti: se Mediobanca non ha il mandato a vendere - queso è stato scritto ieri - perché ha trattato per settimane con Fioranelli? Ma il problema qui è un altro. A stare a quanto dice la banca di Geronzi, nessuno per ora avrebbe manifestato un reale interesse per il club. E così, a dispetto dellinseguirsi di mille indiscrezioni e di mille manovre (ieri a Teleradiostereo anche Giovanni Malagò ha smentito di lavorare per la formazione di una cordata di imprenditori interessati a rilevare la Roma), la Beneamata rischierebbe la fine della sora Camilla: tutti la vogliono, nessuno se la piglia. Nemmeno Angelini? Oddio, sempre ieri un altro politico, Giulio Pelonzi, responsabile dello sport per il Pd, ha dichiarato che Angelini sarebbe pronto ad acquisire quote della Roma, nel quadro di una complessa operazione legata al progetto stadio. Fantasie? Di concreto, sino a oggi, cè solo la volontà dellindustriale farmaceutico di intervenire sul club, volontà confermata per lultima volta una settimana fa, con un comunicato diramato dal suo gruppo. Da allora, almeno ufficialmente, niente. Certo, la posizione di Angelini non è facile. Le Sensi gli hanno sbattuto la porta in faccia prima ancora che si presentasse alluscio, ispirate da una vecchia e persino misteriosa avversione nei suoi confronti. Ieri, a costo di contraddire sé stesse, hanno insistito di voler restare avvinte come ledera alla loro proprietà. Poi, ci sono le banche. Di una,Unicredit, mister Tachipirina è cliente di assoluto riguardo; dellaltra, Mediobanca, è socio al due per cento.
Muoversi in queste condizioni può apparire semplice, è in realtà difficilissimo. Di certo, forse oggi sarebbe meglio farlo al più presto, non fossaltro per fornire indicazioni precise a un ambiente diviso tra mille umori e agitato al solito da una comunicazione che assai eufemisticamente definiremo confusa. A restare alla finestra, si rischia di passare nella migliore delle ipotesi per titubanti, per indecisi, per poco motivati; nella peggiore per sciacalli, squali, avvoltoi (per la definizione più centrata, rivolgersi a Pippo Marra). La città, si sa, mormora. E non ha memoria. Hai voglia a ricordare come passarono di mano le proprietà di certi club, anche a Roma. La gente, quella che sogna Angelini presidente e pure quella che già lo etichetta come un acquirente poco convinto e poco convincente, sembra aspettarsi un passo deciso.
Se cè da battere un colpo, al di là di strategie persino legittime, il momento magari è questo. Almeno nei confronti della piazza. Turbata per altro anche dalle voci, tuttaltro che campate in aria, relative allassalto del Chelsea a Daniele De Rossi. Non cè dubbio che dal club di Abramovich e di Ancelotti sia già partita unofferta spaventosa: 65 milioni di euro. E non cè dubbio che le condizioni generali della Roma, e dei suoi proprietari, spingano questi e anche altri acquirenti (Daniele piace pure al Real Madrid e al Manchester United) a farsi sotto. Ma almeno su questo pensiamo di poter tranquillizzare il popolo giallorosso: le Sensi non possono vendere De Rossi. Nemmeno se volessero. Anche se il sacrificio di questo straordinario giocatore avrebbe paradossalmente un significato compiuto, una logica feroce quanto ferrea, alla luce della situazione della Roma e delle sue oggettive prospettive. Lasciar partire Daniele, assai più di quanto è già accaduto in estate con Alberto Aquilani, vorrebbe dire abdicare per sempre al ruolo di gestori del club. Equivarrebbe ad arrendersi alla realtà per molti già oggi indiscutibile: non ci sono più le risorse per andare avanti, per tirare a campare bisogna portare largenteria al Monte dei pegni. Altro che mandati a vendere, altro che resistenze al di là di qualsiasi razionalità. Partisse davvero De Rossi, il simbolo anche del dopo Totti, le Sensi non potrebbero più restare legate, costi quello che costi, a quello che ritengono il più prezioso dei gioielli di famiglia.