IL ROMANISTA (M IZZI) - Flora e Dino Viola si erano conosciuti nel 1939 a Comano, una località di villeggiatura sullAppennino Apuano. Dino, 24 anni, era già un più che promettente studente della Facoltà dIngegneria Industiale Meccanica di Roma (si sarebbe laureato nel giugno del 1940), Flora, diciottenne aveva appena terminato gli studi superiori. La leggenda vuole che inizialmente tra i due non scocchi una immediata simpatia, anzi ma in breve la scintilla che a Comano aveva esitato a scattare, si trasforma in un incendio..
Nella primavera del 1942 la giovane coppia convola a giuste nozze. Flora conservava in una bella cornice dargento sopra al comodino della sua stanza da letto limmagine che la ritraeva alluscita della chiesa con il suo sposo in divisa da ufficiale regio. Uno sposo che, a dire il vero, non faceva che parlare della Roma, che in quelle settimane era in lotta per la conquista dello scudetto. Lossessione è così forte che il 7 giugno, Dino, in compagnia di Flora e di una coppia di amici organizza una gita in bicicletta per raggiungere Livorno ed assistere al match tra i locali e la formazione giallo-rossa.
La gara, come nella migliore tradizione romanista è al cardiopalma. Scrive Ettore Berra, sulle pagine de La Gazzetta dello Sport: «Il Livorno ha attaccato per tre quarti dellincontro, con un impeto disordinato, con unansia di segnare che comprometteva anche le residue possibilità del suo gioco troppo sommario e troppo
avventato. Si sono solo avuti nel secondo tempo, due o tre momenti in cui gli amaranto parevano sul punto di segnare, ma quando sembrava che la loro fuga disordinata potesse sfociare oltre lo sbarramento difensivo avversario, è balzato fuori Masetti a deluderli». Quella gara la Roma la vinse per 2-0, Viola rimediò un colpo
sulla nuca perché: I livornesi non scherzano mica, e dopo una visita negli spogliatoi ai futuri campioni dItalia, i due sposini erano nuovamente in bicicletta per i 70 Km del ritorno. Da allora Flora ha dovuto convivere con la passione maniacale di Dino per la Roma. Un fiume di rinunce, arrabbiature, sospiri che culmina nel 1976 in una sorta di delirio damore. Lingegnere si trova a Chianciano, dove è colpito dagli effetti di unulcera perforata, ed è trasportato durgenza in sala operatoria. Quando Flora ne è informata si scaraventa al suo capezzale e alluscita dallintervento è lì ad accogliere suo marito, che con un filo di voce
le sussurra: «Ce lho fatta, sono contento
e poi sai, mi sarebbe dispiaciuto morire senza aver fatto nulla dimportante per la Roma».
Nel 1979, finalmente Dino Viola corona il suo sogno e rileva la Roma. Flora sarà costantemente informata di tutti gli avvenimenti più importanti di questa avventura. Dalla telefonata fatta a Liedholm per strapparlo al Milan, sino alla snervante trattativa per la riconferma di Falcao, per arrivare al colpo a sorpresa dellingaggio di Ruggero Rizzitelli. Del resto lIngegnere era solito tenere proprio nella sua abitazione gli incontri di lavoro più delicati, forse anche perché, lì, poteva avvalersi del ruolo di perfetta padrona di casa di sua moglie Flora. Persino Boniperti nei suoi ricordi citava prima ancora di qualsiasi altro aneddoto, limpressione viva della signorilità della signora Flora apprezzata a più riprese negli Anni 80. Il 19 gennaio 1991, poi, un male inclemente leva a Flora lamore della sua vita. Fu accanto al suo Dino sino allultimo, lo testimoniano le struggenti immagini in compagnia dellequipe medica che assistette il presidente nelle ultime settimane fatte di dolore, speranze e delusioni. Allindomani della scomparsa di Dino Viola le venne chiesto di assumere la presidenza della Società. Un atto simbolico, senzaltro, ma proprio per questo vissuto con unattenzione, un rigore, un alto profilo che avrebbero senza dubbio riempito dorgoglio suo marito. Il 9 giugno 1991, quando la Roma, a Marassi, si aggiudicò la Coppa Italia, formalmente Flora Macera Viola aveva già effettuato il passaggio di consegne che aveva investito la nuova proprietà di tutti i poteri.
Giuseppe Ciarrapico, però, con una sensibilità di cui gli va dato atto, intuì che ad alzare il trofeo al cielo non poteva che essere Donna Flora.
Con una sciarpa giallorossa e una blucerchiata tra le mani, in nome del marito Dino, lei, emozionatissima, si presentò alla cerimonia di premiazione. A questa immagine è legato lultimo ricordo che conservo di Donna Flora. Alla vigilia dellapertura della mostra di Testaccio del 2007, questa anziana, straordinaria signora, si presentò nei locali dellex mattatoio per ammirare lesposizione assemblata dallUTR. Flora si fermò a
lungo nel padiglione che mostrava la sua gigantografia nel momento in cui riceveva la Coppa Italia. Rimase lì di spalle, appoggiata al bastone da passeggio, con il viso fisso a quellimmagine, indecifrabile, quasi trasfigurata, un tuttuno con il passato e con i suoi ricordi a cui oggi, si è riunita per sempre.