Amadei: «Campo Testaccio covo di passione e di campioni»

03/11/2009 alle 09:40.

CORSPORT (A. AMADEI) - Sono uno dei pochi in vita con Krieziu ad aver gioca­to al Campo Testaccio. Sono felice di esserci oggi, alla festa degli ottanta anni. Ci torno vo­lentieri, ci sono stato altre vol­te, in occasione di qualche al­tra ricorrenza. E’ sempre una grande emozione, anche se è cambiato: allora il campo sor­geva con le porte vicino alla scuola e ai Vigili del fuoco, dall’altra parte c’era il cimite­ro degli inglesi, che esiste tut­tora. Le partite che mi sono rimaste nel cuore sono tante. Quella che non potrò mai dimenti­care è la pri­ma, contro il Brescia, quando l’allenatore Barbesino mi mise in campo. Non stavo nella pelle, avrei giocato con grossi campioni. ..



Debuttai a 15 anni, nove mesi e sei giorni. Sono orgoglioso del mio record di giocatore più giovane esordiente in serie A: Rivera per pochi giorni è dietro di me. A quei tempi c’era un cen­travanti esperto, per non dare fastidio mi misero all’ala de­stra, dove giocava Prendato. Giocai le ultime tre partite di campionato e quattro di Cop­pa Italia, andammo in finale e perdemmo contro l’Inter.



La soddisfazione più gran­de è stata quella di giocare con questi grandi campioni, la squadra era fortissima: Ma­setti, Monzeglio, Allemandi, Bernardini, Mazzoni, tutti af­fermati mentre io ero un pi­schello. Tutti mi volevano be­ne, io ero alle prime armi ma ho preso fiducia. L’anno dopo giocai ancora, partendo dal Campo Testaccio poi ci spo­stammo a quello che si chia­mava Stadio del Partito Fasci­sta. Lo scudetto fu vinto lì, l’entusiasmo a Roma fu una cosa indescrivibile. Il Campo Testaccio era diventato un po’ pericoloso, con quelle tribune in legno c’era il rischio che ve­nissero giù. Per andare a Testaccio prendevo il tram dai Castelli romani, mi lasciava a San Gio­vanni, da lì con circolare ros­sa scendevo dov’è la posta, poi facevo quat­tro passi ed ero arrivato. I miei all’inizio non volevano che andassi. Avevo da fare al negozio, già lavoravo ed erano preoc­cupati perché così giovane an­davo da solo a Roma. Anche ora non mi lasciano solo. Sono bisnonno, mi porto dietro tan­ti ricordi, mi vogliono tutti be­ne. Non mi piacerebbe sentir­mi trascurato, ma per fortuna non è così. Ai miei quattro pronipoti ho regalato la tesse­ra per andare a vedere la Ro­ma nei Distinti. Sono tutti tifo­si matti, a cominciare da mia figlia, che ora è vecchia anche lei, ma è meglio che non mi senta...



E’ bello che la gente si ricor­di ancora di me, oggi che ho ottantotto anni. Nella vita non desidero altro, i miei figli la­vorano tutti, i nipoti si presta­no con grande disponibilità. E io quando posso mi sposto an­cora con la macchina da solo: i miei figli mi strillano, ma io non posso mica dipendere da loro...