Venditti: "Ranieri ci tirerà fuori dai guai"

31/10/2009 alle 11:16.

GASPORT (A. CATAPANO) - « E sì che Milano, quel giorno era Giamaica... ». Venti­sette giugno 1980, stadio San Siro, concerto di Bob Marley: Piero e Cinzia nacque quella notte. « E lo stadio era pieno... ». «Quello fu il primo concerto a vedere protagonisti tutti i ra­gazzi italiani, accorsero in mas­sa da tutta la penisola. Incon­trai Bob in ascensore, gli sorri­si imbarazzato. Mi piacevano le sue canzoni e mi affascinava il suo amore per il calcio, inte­so come gioco di liberazione politica, possibilità di salvez­za, mezzo per uscire dal ghet­to ».

Venditti, ora la Roma va male, dunque?

«Siamo tutti un po’ più tristi, ma continuiamo ad amarla».

Si è fatto una ragione di questa crisi?

«È un film già visto, questa sta­gione è identica alla scorsa. Purtroppo da un anno questa squadra non riesce mai ad esse­re completa, spesso le manca­no giocatori in ruoli fondamen­tali. Basterebbe , che in campo si sente per noi e gli av­versari come nessun altro».

Come se ne esce?

«È l’orgoglio dei calciatori che deve venire fuori: in questo momento ognuno deve assu­mersi le sue responsabilità. Io credo e spero che presto assi­steremo ad un’inversione di tendenza. Ranieri è un mio amico e una persona capace: ci tirerà fuori dai guai. Io dico che il terzo posto è ancora pos­sibile ».

Dal milione di persone del Cir­co Massimo ai ventimila di Ro­ma- Livorno: dove è finito il tifo più bello del mondo?

«Io non vado più allo stadio dalla scomparsa del mio amico Mimmo Spadoni. Però questa squadra ha bisogno di noi, Ro­ma- deve sancire la vit­toria del pubblico».

La politica, invece, continua ad essere frequentata: quasi tre milioni alle Primarie del Pd, soddisfatto dell’elezione di Bersani?

«La cosa più importante è aver dimostrato che esiste ancora un’area vasta dove tutti coloro che si ritengono democratici possono trovare i propri valori e riaffermarli nella società. Vorrei che ora il Pd fosse meno mediatico e recuperasse il con­tatto con il territorio».

Lei è appena tornato da Washington, dove ha ricevuto l’ambito premio della Niaf (Na­tional Italian American Founda­tion). È vero che doveva incon­trare Obama?

«Sì, era previsto, ma all’ultimo momento è stato trattenuto dalla riforma della sanità. È sta­ta un’esperienza fantastica co­munque: avevo suonato solo una volta negli Stati Uniti, è an­data così bene che ho gettato le basi per un prossimo tour ne­gli Usa. Per il concerto sono ve­nuti da tutta l’America, ho fat­to i grandi classici, Sì, anche Grazie Roma». Del resto, come scrive nel libro, c’è sempre qualcuno, in ogni parte del glo­bo, che tifa Roma.