IL ROMANISTA (G. DOTTO) - La verità è che questo mestiere ci fa diventare un po più stronzi di quello che siamo già in natura. Microfoni e tastiere sembrano fatti apposta per eccitare il fetente che è in ognuno di noi. A volte si va di macelleria. Prendi il caso Ranieri. La mia opinione è che il Romanista abbia esagerato nellalzare il tiro contro lallenatore (mi ci metto io per primo nella banda degli assatanati). Ho visto il giorno dopo su Roma Channel la conferenza stampa di Ranieri, di cui avevo solo letto e ascoltato stralci. Confermo: il passaggio questa non è la mia squadra non è il massimo delleleganza né della perspicacia per uno che di ..
che è la perdita didentità. Che il concetto sia anche vero non è una scusa, anzi unaggravante. Un motivatore non deve occuparsi della verità ma degli obiettivi da raggiungere.
Detto questo, il tono complessivo della conferenza stampa non era quello di un uomo in fuga. Cera unenergia onesta nelle sue parole e le spalle curve della foto che abbiamo sbattuto in prima sono una bella immagine ma non rendono giustizia a Ranieri. Che non sarà il generale Patton (si esagera a fin di bene anche quando si tratta di sostenere quel minimo che resta di questa squadra) ma neanche Don Abbondio. In città gira la storiella che Ranieri è come il medico della mutua: non ti fa morire, ma non ti fa nemmeno guarire del tutto. Magari sarà anche vero (se è questo che si vuole, morire o sognare, il nome cè sul mercato, si chiama Zdenek Zeman). Dobbiamo però riconoscere a Ranieri che ci sta mettendo sangue e passione in quello che fa. Lo si è visto domenica sera, nella versione tremante che ha tenuto botta allintelligente perfidia di Mario Sconcerti, allassalto sulla questione della squadra mia o non mia. Stimo Sconcerti. Ne percepisco il piacere sottile di minare la terra sotto i piedi dei poveri allenatori, quasi tutti schiacciati dalla soggezione.
Ranieri è stato uno dei pochi a reagire. Lo ha fatto nel migliore e nel peggiore dei modi, lemotività. Non si è capito quasi nulla della sua replica, ma si è capito che cè, che non molla, che è ancora uno di noi. E che, per questo, va sostenuto. Almeno fino a domenica.