
IL ROMANISTA (A. MANDOLESI) - Penso a Jérémy Menez, e mi domando: Ma cosa avrà questo ragazzo?. A Montecarlo ho conservato tutte le vecchie amicizie del mondo della musica, cementate fin dagli anni 70, quando ancora non esistevano le radio private ed io, da buon discografico, accompagnavo i miei artisti a Radio Monte Carlo, vera antesignana di quelle radio libere che avrebbero preso vita in ogni parte dItalia. Ancora oggi, per affetto nei loro confronti, e per riappropriarmi di una parte così emozionante della mia vita, non perdo loccasione per tornare in quei luoghi, e una tappa obbligata resta lo Stade Luis II, dove si esibisce la squadra del Principato.
Ancora oggi, per affetto nei loro confronti, e per riappropriarmi di una parte così emozionante della mia vita, non perdo loccasione per tornare in quei luoghi, e una tappa obbligata resta lo Stade Luis II, dove si esibisce
la squadra del Principato.
Ecco perché conoscevo bene Menez: lo avevo visto giocare di persona e non attraverso la televisione, e avevo imparato ad apprezzarne il talento unito alla sobrietà, due qualità che si sposano molto raramente nei geni. Menez piaceva alla gente per la fantasia delle sue giocate, e piaceva anche ai giornalisti francesi che approvavano le scelte dei selezionatori dei Bleu, i quali lo avevano voluto in tutte le nazionali, a partire dalla Under 15. Così, quando la scorsa estate si cominciò a vociferare che Jérémy poteva essere un obiettivo della Roma, presi subito a sperare che laffare si concretizzasse.
Loccasione di conoscerlo di persona me la offrì proprio "Il Romanista" quando, fatto inedito, sabato 2 agosto la Roma andò a giocare proprio a Montecarlo unamichevole precampionato (toccata e fuga: partenza in aereo la mattina e ritorno la sera stessa, dopo la partita). Ero là in vacanza, ospite di uno dei miei vecchi amici, e dal giornale mi dissero: Vai a trovarli in ritiro, presenta la squadra e parlaci degli elementi migliori. Così, il giorno precedente, ospite di Leandro Cufrè nelle vesti di padrone di casa, fui ricevuto con tutti gli onori del caso nel loro centro sportivo (senza offendere nessuno, debbo dire che a Trigoria, forse perché siamo in tanti, si viene trattati con molto più distacco).
Assistetti da bordo campo sia allallenamento che alla partitella finale vinta dalle riserve per 2-0, e alla fine mi concessero persino di battere un calcio dangolo che proprio Menez (fresco reduce dallintervento di pubalgia) intercettò di testa in fase difensiva. Il ragazzo sorrideva, scherzava coi compagni, e metteva in mostra il meglio del suo repertorio, felice perchè il giorno dopo, contro la Roma, gli avrebbero concesso qualche minuto per il ritorno in campo. Pochi giorni dopo, quasi per caso, ebbi la notizia dellacquisto. Andai a cena con Antonello Venditti (che aveva appena tenuto un concerto allo Sporting) e trovai seduto al nostro tavolo Marco Simone (ex attaccante del Milan e consulente di mercato del Monaco) che ci diede lanticipazione. Menez è un Cassano con la testa sulle spalle! dissi subito a tutti i miei colleghi per descriverne le prerogative, e ci credevo fermamente. Invece a Roma è emersa una parte del carattere che non conoscevo: sempre triste, apparentemente svogliato, solo raramente in grado di mettere in mostra ciò che realmente vale, al punto tale da far perdere la pazienza anche a Ranieri che, prima di ogni altra cosa, chiede impegno e grinta ai propri giocatori.
Malgrado tutto, su di lui scommetterei ancora. Il talento è un dono che non si può affinare nel tempo, ma se cè, non svanisce nel nulla. Non so quali siano i programmi della società, nel calcio può succedere sempre di tutto, ma vorrei ancora vedere quel ragazzo sbarazzino che in Francia faceva impazzire le difese avversarie e i propri tifosi (di gioia, però). Sarebbe il regalo più bello che ci potesse fare quel Cassano con la testa a posto.