Quando Wasserman ci disse "vediamoci"

24/10/2009 alle 11:33.

IL ROMANISTA (R. LUNA) - Gli americani finti all'inizio sono stati veri anche loro. Nel senso che c'era davverp un grande gruppo interessato ad acquistare la Roma prima di Soros. E se lo dico non è per sentito dire ma perchè li ho incontrati personalmente, questi americani. Era la primavera del 2007, la fine di maggio.Ero ancora direttore del

Dopo i convenevoli, dico: John e Tom, insomma, che volete da me? Sapere come si fa a comprare la Roma, mi dissero senza giri di parole. Guardate, io non ne so nulla, posso solo dirvi con chi dovete parlare: e citai, nell'ordine, oltre a Rosella, Enrico Bendoni, Pippo Marra e Paolo Bassi (quest'ultimo ai temi amministrava Italpetroli d'intesa con Unicredit, mentre Bendoni e Marra oggi come allora siedono rispettivamente alla destra e alla sinistra della primogenita, pronti ad azzannare chiunque si avvicini all'osso). Aggiunsi che se fossi stato in loro, avrei anche bussato alla porta di Arturo Nattino, un quarantenne affabile e ben ammannicato alla guida della banca di affari di piazza del Gesù che i Sensi ai tempi avevano scelto quale advisor per risolvere i drammatici problemi di indebitamento di Italpetroli col sistema bancario.

Per fargliela facile, infinr, gli passai anche i telefoni dei rispettivi uffici con una raccomandazione essenziale: "Se davvero volete chiudere questa operazione, ricordatevi che io nn esisto, scordatevi di me. Rosella infatti  mi ha in uggia (ok, non dissi "in uggia"...) e ogni contatto fra noi pregiudicherà la trattativa. Ci rivedremo solo e quando avrete firmato.

Capirono e accettarono, ingolositi da quell'elenco di nomi che gli avrebbero potuto spalancare le porte dell'affare. Mi chiesero solo di bissare il caffè la mattina seguente alle otto nell'albergo di via Giulia dove alloggiva Tom (John doveva ripartire subito). L'hotel era un concentrato di charme antico romano. Tra statue, stucchi e marmi, aiutai Tom a capire il senso dei bilanci di As Roma che i due si erano scaricati in inglese da internet e ci salutammo con un "a mai più rivederci", a meno che non vi compriate davvero la Roma.

A settembre non resistetti e chiamai John per sapere com'era andato quel suo giro di consultazioni fra i cortigiani dei Sensi. Cento giorni dopo l'affabilità del caffè romano era scomparsa. Mi ringhiò che era andata male, malissimo, che aveva solo perso tempo e non voleva perderne altro con me. Punto.

Sei mesi più tardi, quando sui giornali italiani apparve la notizia di un duello Wasserman-Soros per il club giallorosso, presi coraggio e lo chiamai una seconda volta: "Allora siete tornati in corsa?" E qui John battè un record assoluto: ci mise dieci secondi secchi a dirmi che erano tutte balle, che non aveva idea di chi avesse interesse a far sapere che era una corsa a due, certo non lui, e che Wasserman sulla Roma ci aveva messo una pietra sopra. Clic.

Non stava mentendo: per la Roma in quei giorni infatti, parliamo del marzo del 2008, come andava giurando privatamente l'avvocato dei Sensi, c'era una sola offerta e una sola trattativa. Ed era cominciata molto, ma molto prima che la  notizia finisse sui giornali.