
IL ROMANISTA (L.PELOSI) - Interessa più lo stadio o lAs Roma? Ai tifosi, indubbiamente, la seconda. Ai costruttori
romani più o meno disposti a formare una cordata, di sicuro interessa limpianto e poi, eventualmente, la società. Comprensibile, visto che da una parte ci si
guadagna e dallaltra, è inevitabile, qualcosa ci si rimette. Non a caso lidea che una cordata di costruttori possa formarsi per costruire lo stadio e, in un secondo momento, rilevare lAs Roma, è solo, appunto, unidea.
Come lo stadio "Franco Sensi", di cui non si conoscono ancora i tempi (chissà quanto ci vorrà per tutte le autorizzazioni del caso), i contorni precisi del progetto e la spesa. E senza sapere quanto, quando e con chi impegnarsi, difficilmente qualcuno si farà
avanti concretamente.
Lo stesso Massimo Mezzaroma, che è stato lunico ad esporsi in senso favorevole, ha parlato di una cordata
che «partendo dalla realizzazione dello stadio, fornisca un appoggio alla Roma, il cui assetto proprietario immediato dovrebbe rimanere lo stesso». Quindi, prima limpianto. Poi, un giorno, forse, lAs Roma. Intanto
Unicredit è sempre più incastrata tra lesigenza di rientrare dei crediti verso Italpetroli e la necessità di non svalutare gli asset, compreso il club giallorosso, che peraltro rischia di chiudere il prossimo bilancio in passivo a meno che non troverà il modo far entrare in cassa circa 15 milioni di euro.
Sullargomento si è espresso ieri Cesare Pambianchi, presidente di Confcommercio Roma e Confcommercio Lazio, oltre che della Federazione Imprenditori Impianti Sportivi e tifoso romanista nientaffatto segreto. «Cominciamo col dire che sono assolutamente favorevole alla costruzione di uno stadio a Roma e per la Roma e che non capisco le polemiche che sono sorte dopo la presentazione a Trigoria. Cè da costruire uno stadio, è normale che si muovano i costruttori. Ed è altrettanto normale, quando si parla di infrastrutture, che chi costruisce si faccia i suoi conti. E una operazione commerciale, si spende per guadagnare. Se non ci fosse il Foro Italico, saremmo fermi agli Anni 30. Ed è finito il tempo degli stadi come semplici catini per il pubblico. Oggi devono essere strumenti di aggregazione, è così ovunque». Ma, in Italia, non ancora. «Purtroppo da noi cè una arretratezza diffusa a livello infrastrutturale e nellimpiantistica sportiva in particolare. Per i Mondiali di nuoto siamo stati costretti a montare piscine dentro i campi da tennis. Quando lavoravo per la
candidatura olimpica di Roma 2004, ricordo che impallidimmo nel momento in cui i tedeschi ci illustrarono che cosa avevano messo in piedi a Monaco per i Giochi del 1972... Cose che oggi qui sono ancora lontane
e che invece risalgono a più di 30 anni fa».
Cordata per lo stadio, cordata per lAs Roma. Che si fa? «Anche qui partiamo dal presupposto che non cè nulla di strano nel mettere in piedi una cordata per lo stadio. Capisco che il calcio faccia più notizia, ma si fa per i cinema multisala e per i centri commerciali, non vedo perché non lo si possa fare per uno stadio. Ma una cordata per rilevare il club è una cosa diversa, perché lì non basta il semplice calcolo commerciale, ma deve
entrarci anche la passione. Lì, insomma, bisogna calcolare anche di rimetterci. Se poi si riuscisse a far combaciare entrambe le cose, sempre nel rispetto dellattuale proprietà della Roma, ben venga, perché si prenderebbero due piccioni con una fava». Al momento, però, il primo piccione è ancora lontano.