Ecco come Totti torna in Nazionale

13/10/2009 alle 10:04.

IL ROMANISTA (T. CAGNUCCI) - Come l’acqua va al mare, altrimenti Francesco Totti non ci torna in Nazionale. Non è per la rima, semmai è per la Roma. O sarà alla sua maniera o non sarà: cioè leggero come un pallonetto a Peruzzi, lieve come un suo qualsiasi tocco, oliato, di prima, a occhi chiusi. Tipo una pubblicità fichissima della migliore acqua naturale (Tottissima). Totti, quando sarà - perché ancora non è - deciderà di tornare soltanto se troverà quelle che si chiamano


Non è per la rima, semmai è per la Roma. O sarà alla sua maniera o non sarà: cioè leggero come un pallonetto a Peruzzi, lieve come un suo qualsiasi tocco, oliato, di prima, a occhi chiusi. Tipo una pubblicità fichissima della migliore acqua naturale (Tottissima). , quando sarà - perché ancora non è - deciderà di tornare soltanto se troverà quelle che si chiamano "circostanze favorevoli", suffragio universale e volontà ecumenica dell’Italia che per lui conta cioè il suo ct e i suoi colleghi. A forzatura zero. Nessuna pressione, nessuna para-meta decisone politica, nessun condizionamento di nessun tipo: non si tratta di sentirsi un  ospite sgradito, ma proprio di non sentirsi un ospite. lo sa quanto è importante il gruppo, ci ha vinto un Mondiale, ci ha fatto un altro Mondiale quando nel 2002 la maggioranza (a scrutinio non troppo segreto) preferì non avere Roberto Baggio in Corea e Giappone. E questo è appena lo sfondo, la condizione fisica è il secondo vitale elemento: l’aria per respirare. Adesso ha preso la media di fare sedici gol ogni due partite, il problema col
è una spia di un allarme che ancora non si è (ri)acceso.




al Mondiale ci va se si sente , in questo senso la prospettiva del Sudafrica è capovolta rispetto a Berlino, letteralmente agli antipodi. Nel 2006 andò in Germania con la vite che lo fa ancora diventare Jeeg e  una caviglia spaccata soltanto un paio di minuti prima (cosa sono tre mesi di fronte all’attimo di eterno dei suoi capolavori sospesi?). Non forzò, andò oltre l’umano, per sentirsi dire che era un giocatore zoppo. E’ soprattutto per questo che tanti tifosi della Roma quasi preferirebbe non rivederlo con un’altra maglia da  quella giallorossa. A lui, stavolta, delle cattiverie può anche fregargliene di meno, ma nessuna deroga al fisico: se ha lasciato l’Italia è stato proprio e soltanto per quello, anche se tre quarti del Belpaese che fa opinione ha fatto finta di stizzirsi, sdegnarsi, improntando capi d’accusa da vilipendio alla nazione.




Dopo tre anni e Donadoni, tutti si sono resi conto che non aveva cercato scuse e alibi: aveva detto la verità. Il fatto confortante è proprio questo: il club Italia lo sa e lo ha sempre saputo. Il rapporto tra Lippe e è d’acciaio, quello non potrà mai essere il problema. Lippi aspetta quello che ieri - nell’intervista di Stefano Boldrini alla Gazzetta - Ranieri ha definito «un passo indietro» di Francesco, che in verità è un passo in avanti, purché non sia nel vuoto. Non ci sono controindicazioni: tecnicamente è una perversione aver solo pensato di dubitarne; dal punto di vista dello spettacolo per il grande baraccone planetario (gadget, merchandising, sponsor, tivvù) uno come - che è già uno di suo - non ce l’ha la Nazionale. Non sarebbe un passo nel vuoto, ma un carpiato all’indietro: ritorno al futuro senza più dimenticare il passato. Ieri mentre Arrigo Sacchi finalmente raccontava di quando Franco Baresi ci ripensò (una storia mediaticamente rimossa, un omissis che puzza) proprio dal clan Italia hanno ribadito che «con Francesco non ci potrà mai essere nessuna


preclusione, lui è stato sempre chiaro e corretto con noi». Non l’ha detto Lippi, ma nemmeno uno che passava lì per caso, visto che in Sudafrica ci sarà. «E probabilmente con Francesco, però non parliamone adesso». E’ a primavera che si saprà se al Sudafrica si potrà aggiungere un altro pizzico di libertà.