Così gli stadi resteranno vuoti

06/10/2009 alle 10:33.

IL ROMANISTA (M. FUCCILLO) - Hanno cominciato loro a dire "nè carne nè pesce", io gli vado solo dietro. Nell'esemplificazione, i dotti dicono metafora, culinaria-alimentare. Li rincorro i vari De Rossi e Ranieri, in maniera divertita e un pò scherzosa e dico: com'era buona la Roma di domenica pomeriggio inoltrato, verso le cinque, buona come la pasta e fagioli riposata. Sostanziosa, saporita, pasta che insieme sfama e alletta, ingolosisce man mano che la scucchiai...

La pasta e fagioli ha questa virtù: le ore che sta nella pentola, perfino in frigo, non la invecchiano e invece la impreziosiscono. Era, è stata quella contro il una Roma "pasta e fagioli". Gioia più per il palato che per gli occhi, cibo apparentemente povero che i ricchi se lo sognano. Roba che insieme ti riempie e delizia, piatto popolare di fronte al quale i grandi chef tremano nel doverlo realizzare. Ma, c'è un ma...La meravigliosa pasta e fagioli ripostata, se la riscaldi, alla terza, quarta volta che la rimetti sul fuoco, snatura in minestra riscaldata.

Ed ecco quello che è la Roma di quest'anno: una pasta e fagioli ripostata che, a furia di servirla in tavola, scade in minestra. O, se preferite, una minestra che una aprtita ogni tre si ricorda di essere stata pasta e fagioli. Minestra riscaldata, con dentro tre o quattro patate. alcune stracotte, altre crude, e una volta nutrienti e stuzzicanti pezzi di parmigiano che però hanno da tempo subito l'insulto della grattugia. E pezzi di carne tosta e dura, qualcuno. Ma anche pezzi di bollito, teneri ieri e l'altro ieri, oggi sfilacciati e stopposi. E verdure fragranti e spezie ricercate. Ma che da troppo tempo sobbollono, il "brodo" si è fatto lungo nonostante fosse di prima qualità.

Avremo ancora molti mesi di minestra riscaldata, con giorni, non pochissimi, in cui ci darà piacere e soddisfazione. Ma bisogna cominciare adesso, anzi già si sarebbe dovuto cominciare, a cucinare altro. Dalla squadra "minestra riscaldata" a quella "pomodoro e basilico". Questo il passaggio obbligato se alla lunga, anzi alla media, anzi alla breve, non vogliamo soffrire di anoressia, mancanza di appetito, disaffezione alla tavola. Un "pomodoro e basilico" bisogna avere il coraggio di volerlo. Andando a trovare e comprare gli ingredienti, non importa se nell'orto di casa, al supermarket a prezzi bassi, o al "gourmet di cibi griffati. Un "pomodoro e basilico" significa cinque o sei giocatori nuovi, semplici e freschi come gli ortaggi, genuini come l'olio d'oliva, meravigliosamente banali come i classici "due fili" da arrotolare con la forchetta. Volete sapere chi sono le patate stracotte o crude, chi la carne dura e quella bollita, chi la spezia, chi il sapore che ancora regge? Lo sapete da soli e poi il giornale è pieno di competenti e attenti articoli sulla formazione, il modulo, la prestazione.

Io invece vi parlerò di politica e vedrete che al "pomodoro e basilico" che ci manca ci torniamo. Niente paura o fastidio: politica. Non partiti. Politica, cioè il nostro modo di vivere una comunità chiamata Italia, il nostro modo di raccontarci quel che ci succede. La gente della Sicilia alluvionata mostra rabbia e disperazione. Disperazione per il "nubifragio killer", come lo chiamano i Tg e rabbia per gli amministratori e lo Stato che non li ha difesi prima e assistiti poi. Sentimenti comprensibili, ma sentimenti che a coltivarli sono il concime di altre tragedie e morti. In Sicilia ocme in Abruzzo l'assassino non è il terremoto o la pioggia ma sui vuoti sotterranei delle cave, nei letti dei ruscelli, l'asfalto sparso sui deflussi naturali delle acque, l'edilizia abusiva. Certo colpevole la classe dirigente, un esempio per tutti quel sindaco di un paese chiamato Scaletta che a morti ancora insepoliti dice in tv: "Se c'era l'autorizzazione edilizia, perchè non costruire?". L'autorizzazione che ha dato lui e migliaia come lui. Data per aver consenso, concessa senza scienza e coscienza. Ma la classe dirigente colpevole ha un complice: la gente, la stessa gente che è vittima e carnefice di se stessa. La gente che non vuole nessuno si impicci dei "fatti suoi" quando deve costtuire e poi grida che lo Stato non si è impicciato. La gente che la storia della propria vita e della morte che talvolta la colpisce se la racconta sbagliata è falsa: mai voterebbero, mai votano per un'amministrazione che vieta. Sta qui la drammatica omplicità.

E' un modo di vivere e di raccontarsela la vita che contagia e conquista ogni campo. Vogliamo un calcio che non crolla? Bene, impediamo che il territorio del calcio sia pieno di costruzioni abusive. Se andare oggi in uno stadio significa affrontare il parcheggiatore abusivo, l'abusivo venditore di magliette, se entrarci è uno slalom tra "puncicate" e bombe carta, se dello stadio i padroni sono quelli che oggi comandano le curve e non solo, allora uno stadio nuovo resterà vuoto come vuoti sono quelli vecchi. Vuoti per colpa di leggi che impediscono alla gente normale di andarci e vuoti perchè, rispetto a quello che sono diventati oggi gli spalti, ci raccontiamo che quelli sbagliano , eccedono ma sono "romanisti". E chi se ne frega se sono romanisti, sono il cemento pieno di sabbia su cui poggia una concezione del tifo che ci sta cadendo addosso come una montagna di fango.

E le società piene di debiti e i giocatori troppo pagati...e la volgarità contrabbandata come "carattere"... e l'incitamento alla rissa spacciato per informazione...e lo "stadio palazzinaro" venduto come "stadio azienda" e...Minestra riscaldata anche questa, da tempo, troppo tempo. Minestra ormai rancida, junk food, cibo spazzatura. Eppure è la nostra dieta quotidiana. Salvo poi gridare agli avvelenatori, alle loro colpe. Con cui viviamo, da complici.