Tutti i silenzi del presidente - 'Fratello parafulmine'

26/09/2009 alle 11:09.

IL ROMANISTA (S. PETRUCCI) - Tra novantasei giorni, Francesco Totti sarà libero di firmare per chi vuole. Spifferi correttamente registrati (o diffusi a tassametro) informano che lo farà molto prima, diciamo entro il mese di ottobre. E - come è ovvio - per la Roma. Il guaio è che la stessa cosa si diceva a giugno, anzi anche in precedenza, ed è andata via via ripetendosi, come un disco rotto, una settimana via l’altra, ogni volta che l’argomento è stato tirato in ballo da quei terrificanti rompipalle dei giornalisti (quelli veri, s’intende): il contratto di Francesco?

Una formalità, è tutto pronto. Proprio così. E’ tutto pronto,

apparecchiato, già servito in guanti bianchi da una vita, in un turbinare di sorrisi, ammiccamenti, annunci, proclami. E puntuali rinvii.

nel frattempo si è compromesso non poco, sventolando il suo legame con la proprietaria della Roma

("Rosella? Per me è come una sorella"), e non poco soprattutto ha compromesso il suo rapporto con la tifoseria, specie nella larga porzione ormai nauseata dalla pubblica esposizione di dubbie parentele. Ma ora

sembra aver capito. Che lo stiano usando, come è già capitato mille altre volte? Che la favola della fratellanza serva da parafulmine, anzi da diversivo di fronte a problemi ben più ? Sta di fatto che il contratto, che pure qualche tifoso ha cominciato a contestare nell’entità economica e nella durata, ancora non si vede. E che , aprendo gli occhi, ha preso a proporre sull’argomento repliche assai più secche, persino

stizzite, sia pure accompagnate dalla solita ironia: «Il contratto? Se non me lo fanno vuol dire che me ne andrò

via
». Ipotesi lontanissima, per carità. Dalla testa di , che la sua scelta l’ha compiuta da un pezzo, e anche da quella di Rosella Sensi che, per quanto esclusivamente impegnata nelle ultime settimane nell’accurata

selezione di mecenati pronti a costruirle gratis stadio più annessi (e, pare, nello sfrenato accaparramento di preziose strutture in titanio...), sa bene cosa potrebbe accadere in questa à se il reclamizzato rapporto tra fratelli dovesse finire come la storia di Caino e Abele.

Però il contratto resta chiuso chissà dove. E sì che in tanti sembrano conoscerne ogni dettaglio: 5 milioni

netti a stagione (con un taglio più o meno di 700 mila euro, rispetto all’accordo che scade a giugno 2010) per

cinque anni; diritti di immagine interamente a favore del giocatore; possibilità di trasferimento dal campo ad

una scrivania dirigenziale (con ulteriore ritocco verso il basso degli emolumenti), in caso di accertato tramonto

tecnico. Le firme latitano, ma su questi numeri la gente discute da mesi: è tanto, è troppo, è poco, è giusto. Per

il grosso dei tifosi, il problema neanche si pone: è il più grande calciatore romanista di sempre, si metta


d’accordo con il club e vada pure avanti finché ha forza e voglia. Ma quà e là si levano anche altre voci. Capita, in una à che pare aver smarrito la memoria. E sono voci spesso invelenite quelle chi si colgono nel consueto interminabile tam-tam radiofonico: perché tutti quei soldi a un trentatreenne, per di più in tempo di crisi? Facile sarebbe rispondere che, in un club dove un manager dal rendimento medio della dottoressa Rosella Sensi percepisce quasi centomila euro al mese, uno stipendio superiore "solo" cinque volte ad un fenomeno come risulta persino scarso, al di là di qualsiasi analisi. Ma il problema è un altro.
Perché

la sorella Rosella tace?


Considerato il valore indiscusso del suo fratello acquisito e, a stare appunto a quanto annuncia da mesi, con un contratto già pronto, perché non respinge al mittente certe chiacchiere?

Non servirebbe nemmeno, per una volta, chiedere aiuto ai geni della comunicazione che popolano Trigoria. Basterebbero poche parole nette: «Discutere il ruolo e il futuro di nella Roma è persino ridicolo. Lui fa parte della famiglia, l’accordo è una cosa nostra, privata, che risolveremo in tutta serenità».



Invece niente. Zitta e muta, la sorella presidente.

E sì che il peso di Francesco - non solo quello tecnico,

è chiaro - lo conosce bene, anche se la sua gestione è

già nel Guinness dei primati per non essere riuscita a

sfruttare affatto l’immagine del giocatore più grande

della storia della Roma. Vogliamo rinfrescarci la memoria?

Nel ’99, presta la sua immagine al lancio


della carta di credito della As Roma senza percepire

una lira. Cinque anni dopo, fa lo stesso per un’altra

campagna, ancora più delicata: quella della ricapitalizzazione.

E fa anche di più: accetta di trasformare in

azioni del club due mensilità e un premio ancora non

percepiti; sono 1,5 milioni di euro, che va a sommarsi

ai 300 mila euro di titoli Roma già acquisiti nei mesi

precedenti. Non a caso, è il terzo azionista della


società. E veniamo agli sponsor. Se sulle maglie giallorosse,

a lungo orfane di simboli pubblicitari, oggi c’è

scritto Wind è anche e e soprattutto merito di Francesco,

che trascinando al successo un altro gestore telefonico

(Vodafone), spinge nel 2005 l’altra grande società

di telecomunicazioni a investire sulla Roma.

Stessa scena nel 2007, quando scade il contratto

tra il club e il fornitore di materiali tecnici Diadora. Si

fa sotto Robe di Kappa, scavalcando la Legea: offerta

di 3,5 milioni di euro all’anno, per tre anni. Ma basta

la voce che Diadora, sponsor personale di , possa


rinnovare l’accordo con la Roma perché Robe di Kappa

rilanci sul filo di lana: 4 milioni e 750 mila euro, oltre

14 milioni in tre anni. E si potrebbe continuare all’infinito,

ricordando ad esempio quanto vale una

tournée della Roma con la presenza di o meno.


O, meglio, quanto si può chiedere a Sky o Mediaset

quando c’è da rinnovare l’accordo sui diritti tivù. Tutte

cose che Rosella sa. Ma allora perché tace? Magari

perché il fastidioso chiacchiericcio attorno al contratto

di fa comodo. Per evitare che si parli d’altro


(della campagna acquisti mancata, del flop dell’avvio,

delle prospettive azzerate, dei progetti fumosi, dei

debiti dell’Italpetroli) e anche perché, a forza di discutere,

quei 5 milioni all’anno fatti trapelare - ma mai

nero su bianco, almeno sinora - potrebbero ridursi


un po’. Forse un po’ tanto. Abbiamo colto nel segno

o siamo i soliti maliziosi detrattori del villapacellismo?