IL GIORNO - I perchè sono mille e mille. Alcuni non li conosceremo mai, rinchiusi nelle segrete stanze di Trigoria. Altri sono lì, davanti agli occhi di tutti, avviluppati attorno alla crisi della squadra, agli attriti con la società, al mercato inesistente, a quellultimo posto in classifica che ha portato Luciano Spalletti a dire «basta non ne posso più». Un grido di dolore che già laltro ieri sera echeggiava negli angoli più remoti della Capitale. E che ieri mattina sè concretizzato con le dimissioni presentare alla presidente Sensi poco dopo le 12 e ufficializzate dallo stesso Spalletti unora dopo: «Ho rassegnato le dimissioni e la società le ha accettate.
Luciano Spalletti ha svuotato ufficio e armadietti di Trigoria e ne è uscito per lultima volta attorno alle 17. Fuori, quattro-cinque tifosi, i giornalisti e una domanda sparata a bruciapelo. Perchè? «E stata la scelta più giusta che potevo fare visto il rapporto che ho con la Roma, la squadra, i tifosi e soprattutto la città». La seconda domanda è nel caricatore, ma lì resterà. Quattro stagioni e passa con la Roma si trasformano in un groppo che morde la gola e Spalletti non regge. Accenna una risposta messa subito ko dallemozione, fortissima e incontenibile che aveva già vinto qualche round allinterno del quartier generale romanista, tra abbracci e saluti allo staff trigoriano. Gli occhi si inumidiscono anche davanti ai giornalisti, la voce si strozza. Meglio tornare in macchina e scappare via da una città che il giorno prima, dopo il ko con la Juve, lo aveva fatto a pezzi con il solito tam tam radiofonico, grancassa del rapporto con parte della squadra ormai incrinato, tesissimo con Totti, chiamato pesantemente in causa dopo il ko con la Juve. «Loro hanno Amauri e Iaquinta che fanno anche i terzini aveva attaccato il tecnico noi facciamo i colpi di tacco in mezzo al campo». Totti ne aveva fatti quattro, uno dei quali sbagliato che aveva lanciato Iaquinta verso la porta. E non bisogna dimenticare che, 24 ore dopo la decisione di Spalletti e Rosella Sensi (il 4 giugno scorso) di proseguire nel rapporto, proprio Totti bollò acidamente la notizia: «Spalletti resta? Sono contento anche perchè in giro non cera altro...».
Anche De Rossi era ormai freddo con Spalletti. Ai romani quella tentazione Chelsea vissuta di nascosto e poi svelata da Ancelotti 15 mesi orsono, non è mai andata giù, dopo che il tecnico sera ammantato di romanità mostrandosi alla piazza come «uno de noi». De Rossi con la maglia della nazionale sparò acido muriatico sul suo tecnico senza pensarci due volte: «Spalletti? Chi, lallenatore del Chelsea?». Quantè lontano adesso il calcio tutte bollicine delle 11 vittorie di fila, i secondi posti, la Champions, le finali di coppa con lInter.