Spalletti costretto ad andarsene da Totti, De Rossi e i tifosi

02/09/2009 alle 11:41.

IL GIORNO - I perchè sono mille e mille. Alcuni non li conosceremo mai, rinchiusi nelle segrete stanze di Trigoria. Altri sono lì, davanti agli occhi di tutti, avviluppati attorno alla crisi della squadra, agli attriti con la società, al mercato inesistente, a quell’ultimo posto in classifica che ha portato Luciano Spalletti a dire «basta non ne posso più». Un grido di dolore che già l’altro ieri sera echeggiava negli angoli più remoti della Capitale. E che ieri mattina s’è concretizzato con le dimissioni presentare alla presidente Sensi poco dopo le 12 e ufficializzate dallo stesso Spalletti un’ora dopo: «Ho rassegnato le dimissioni e la società le ha accettate.



Luciano Spalletti ha svuotato ufficio e armadietti di Trigoria e ne è uscito per l’ultima volta attorno alle 17. Fuori, quattro-cinque tifosi, i giornalisti e una domanda sparata a bruciapelo. Perchè? «E’ stata la scelta più giusta che potevo fare visto il rapporto che ho con la Roma, la squadra, i tifosi e soprattutto la à». La seconda domanda è nel caricatore, ma lì resterà. Quattro stagioni e passa con la Roma si trasformano in un groppo che morde la gola e Spalletti non regge. Accenna una risposta messa subito ko dall’emozione, fortissima e incontenibile che aveva già vinto qualche round all’interno del quartier generale romanista, tra abbracci e saluti allo staff trigoriano. Gli occhi si inumidiscono anche davanti ai giornalisti, la voce si strozza. Meglio tornare in macchina e scappare via da una à che il giorno prima, dopo il ko con la , lo aveva fatto a pezzi con il solito tam tam radiofonico, grancassa del rapporto con parte della squadra ormai incrinato, tesissimo con , chiamato pesantemente in causa dopo il ko con la . «Loro hanno Amauri e Iaquinta che fanno anche i terzini — aveva attaccato il tecnico — noi facciamo i colpi di tacco in mezzo al campo». ne aveva fatti quattro, uno dei quali sbagliato che aveva lanciato Iaquinta verso la porta. E non bisogna dimenticare che, 24 ore dopo la decisione di Spalletti e Rosella Sensi (il 4 giugno scorso) di proseguire nel rapporto, proprio bollò acidamente la notizia: «Spalletti resta? Sono contento anche perchè in giro non c’era altro...».

Anche era ormai freddo con Spalletti. Ai romani quella tentazione Chelsea vissuta di nascosto e poi svelata da 15 mesi orsono, non è mai andata giù, dopo che il tecnico s’era ammantato di romanità mostrandosi alla piazza come «uno de noi». con la maglia della nazionale sparò acido muriatico sul suo tecnico senza pensarci due volte: «Spalletti? Chi, l’allenatore del Chelsea?». Quant’è lontano adesso il calcio tutte bollicine delle 11 vittorie di fila, i secondi posti, la , le finali di coppa con l’Inter.