
IL ROMANISTA (PACIFICI) - Cominciamo male. Manco il tempo di sedersi alla scrivania, mettere in acqua la nave dopo sette mesi di lontananza dai nostri lettori, e zacchete, squilla il telefono e, a dodici ore dalluscita del primo numero, il giornale si ritrova già bandito. Lambasciator che stavolta porta pena avverte subito che lordine piomba dallalto, da sua maestà: Il Romanista assurge al rango di testata non gradita:
nave dopo sette mesi di lontananza dai nostri lettori, e zacchete, squilla il telefono e, a dodici ore dalluscita del primo numero, il giornale si ritrova già bandito. Lambasciator che stavolta porta pena avverte subito che lordine piomba dallalto, da sua maestà: Il Romanista assurge al rango di testata non gradita: non potremo fare le nostre domande a Claudio Ranieri a Trigoria. Da dove, immaginiamo, se provassimo a entrare per capire che Roma metterà in campo il mister domenica contro il Catania, verremmo presi per le orecchie e rispediti alla larga dai cancelli. Voi, giornalisti sgraditi. Già me lo sento, linvito: Testata?Che? Eh? Romanista? Prego si accomodi.
Fuori, naturalmente. Banditi, banditi, banditi. Una prima domanda è: cè limite al grottesco? E ancora: ma si può? Si può mettere al bando una testata come fosse unarma nucleare e non un giornale unico al mondo dedicato a tifosi unici al mondo? La risposta non cè (e se ci fosse non avrebbe un senso). Rimbalza tra le mura sorde di Trigoria. Dove si trova il tempo per dichiarare guerra a chi scrive quello che pensa, pecca imperdonabile. A un quotidiano tutto votato a una passione, a migliaia di tifosi che ogni giorno buttano pezzi di cuore sullaltare giallorosso. Un giornale che ama, racconta, vive per la Roma. E certamente (ma con lintento di segnalare le magagne) critica. Di tutto, perché no? Le mosse tecniche del mister. Le mosse politico-finanziarie della società. Le strategie (per quelle, per la verità, bisognerebbe pure aspettare, non cè verso di capire neanche che cosa accadrà tra ventiquattrore, figuriamoci, che so, tra un mese).
Cosè che ha dato fastidio? Cosè stato in grado di farci subito ripiombare nelloblio villapacelliano? Chissà, tutto. Cioè niente. Siamo tornati, forse, e già questo basta. Daltronde, siamo quelli di sempre, come diceva il titolo di ieri, di Aquilani, di Mancini, di Soros e di chissà quante altre volte abbiamo annunciato storie poi diventate fatti. Dunque rompiamo le balle, come sempre. Chissà. Forse sono stati i cento colpi di Rosella? Che sono? Sono un elenco puntiglioso, una ricostruzione dettagliata punto per punto, di quelli che sembrano, chiamiamoli così, scivoloni nellarco di cinque anni. Scivoloni, sintende, mica da poco. Che pesano sulle spalle di chi ama tutti i giorni i colori della maglia, di chi spende per andare allo stadio, di chi soffre quando si perde, di chi sprofonda in un abisso di umiliazione quando vede una squadra e una società annaspare tra debiti, mancata progettualità, assenza di comunicazione, sprezzo dei tifosi (tanto «contestano sempre», no?) Non dobbiamo ricordare. Non dobbiamo criticare, non è lecito disturbare il manovratore. E questa lidea che si ha di come trattare il dissenso? Sì, forse, purtroppo, è questa. Ricalca un po, anzi parecchio, la "conferenza"
di Civitavecchia, l«io non ce magno con la Roma»: ammessa poca stampa eletta, comunicazioni e via.
Sono in pochi a permetterselo, eh? Neanche chi oggigiorno va strillando farabutti ai giornalisti, finora, era arrivato a tanto. Ma si sa, al fondo non cè limite. Assistiamo sempre a qualcosa di più eccitante, in questItalia che il 3 ottobre scenderà in piazza per la libertà di stampa. Il Romanista sentitamente ringrazia.