Il silenzio del club porta tristezza e rassegnazione

04/08/2009 alle 16:10.

CORSPORT (MASSIMO GHINI) - Ho letto con attenzione l’articolo del direttore Alessandro Vocalelli, e mi trovo pienamente d’accordo, non solo nella sostanza, ma anche nei toni, perchnon ritengo sia giusto alzare la voce, cominciare quelle bagarre becere, maleducate, un po’ italiane, nei confronti di una societ, come quella dei Sensi, e di una storia che vanno rispettate.

becere, maleducate, un po’ italiane, nei confronti di una societ, come quella dei Sensi, e di una storia che vanno rispettate.

Ma scendendo nell’analisi, mi dà molto fastidio l’attuale mancanza di chiarezza.

Io capisco che il tifoso, soprattutto quella romanista, sia anche infantile, quindi meraviglioso da una parte e pericoloso dall’altra: questo lo so e spesso l’ho condannato, perchnon mi­mai piaciuta la faciloneria e la semplicit, la Roma ­ diventata la Roma quando ha vinto gli ultimi due scudetti e tutt’e due le volte c’erano una direzione, una presidenza e allenatori seri, altra scuola rispetto agli anni precedenti; la dimostrazione cioche abbiamo bisogno di una guida poco romana, tra virgolette. Dico “poco romana”, perchin passato c’sempre stata la malattia della “direzione condivisa”, tra amici, tifosi, sconosciuti, e gli anni oscuri sono sempre stati caratterizzati dalla presenza di qualcuno non bene identificato che faceva il mercato, che sfruttava spesso e volentieri la tifoseria per il proprio tornaconto. Tutto questo mondo a me non piace. D’altra parte non sono nemmeno d’accordo nel far diventare la societuna struttura asettica, perchil calcio conserva un’anima fanciullesca, ed­ giusto che ci sia uno spazio dell’irrazionale, ma un irrazionale simpatico.

C’peruna via di mezzo. E per onestintellettuale sostengo che da parte della direzione, della presidenza, di Rosella che­una donna che stimo tantissimo e per la quale ho sempre avuto parole di profondo apprezzamento, noi ci meritiamo di avere chiarezza. Una chiarezza nel dirci sia quali siano i limiti della squadra, o per quale motivo non si sono realizzate determinate operazioni. Noi chiediamo oneste trasparenza dalla politica e non riusciamo ad averla nel calcio?



Allora, almeno da parte nostra, facciamo questo sforzo: non si fa certo brutta figura se diciamo che non ci sono i soldi, mi sembra un po’ l’atteggiamento delle vecchie famiglie, in cui “meglio non far sapere”. Anche solo per tutto quello che noi tifosi facciamo: io sono tra quelli che comprano le tessere, ci tengo a sottolinearlo - magari si pensa che io sia invitato d’onore: no, no - le pago profumatamente, sono ben felice di farlo perchpenso cosdi aiutare la squadra, e ho rispetto per chi­lcome me, oppure ­in curva, e per acquistare l’abbonamento va a incidere sul bilancio familiare. Questo ci mette nelle condizioni, appunto, di pretendere chiarezza e rivendicare il diritto di condividere un’idea, un sogno, un’illusione.

Io non riesco a capire che cosa stia succedendo. Ho stima totale di Spalletti, penso che magari possa essere messo lui nelle condizioni di parlare, di chiarire, di informare, che ci dica “questo possiamo, questo no; questo lo faremo, quest’altro no”. Fine. E noi ci accontenteremo di sapere. Perchè non si mostra chiarezza verso chi­disposto ad ascoltare, a comprendere (non verso chi contesta e basta)?



Ad esempio mi piacerebbe sapere perch­saltata la prima ipotesi di vendita, e la seconda, che fine ha fatto lo svizzero. Oppure vorrei sapere se affronteremo il campionato con gli stessi giocatori della passata stagione. Sarcos? Va bene, ce lo dicessero. Tanto alla fine, in questo scenario, potremo aspettarci che arrivi un altro Baptista, di cui il Real Madrid, che puspendere 200 milioni, evidentemente non sapeva che fare, o che arrivi il mezzo campioncino di turno. Sembra tutto coslapalissiano, evidente, quasi sciocco: ce lo dicano, per. Che non possiamo acquistare se non vendiamo, che siamo cos, che c’la crisi. Che non siamo il Milan, o l’Inter: beh, lo sappiamo. Ma a queste conclusioni arriviamo sempre attraverso i ragionamenti tra di noi, non attraverso una informazione da parte della Roma. Come Florentino Perez annuncia che puspendere duecento milioni, noi ci aspettiamo che ci dicano: ne spenderemo nove. Stiamo per vendere uno dei gioielli? Lo abbiamo saputo attraverso i giornali.


No, così non­ è giusto. Proviamo a crescere. Date una risposta alle nostre domande, si nomini un portavoce, magari Spalletti, d’accordo con la presidenza. E anche certe conferenze stampa mi fanno ridere: parole criptiche, risposte larghe, nemmeno quando si incontrano Obama con Putin. Ma stiamo parlando di calcio, suvvia...



Che cosa dobbiamo aspettarci dal presente immediato? Noi oggi viviamo nell’ignoranza, nella non conoscenza di ciche succede. Ecco, la fiducia che tutti noi abbiamo dimostrato in tanti anni, e che riconosciamo essere stata ripagata da tanti successi, oggi in qualche manieracalpestata. Perchciche possiamo fare, da tifosi, abbiamo continuato e continuiamo a farlo: andiamo allo stadio e siamo quarantamila, compriamo le tessere, senza colpo ferire, continuiamo a mantenere - nei limiti della civilt: non ammetto altre manifestazioni in questo senso - la nostra partecipazione, la nostra passione. Il sogno potrebbe essere l’azionariato popolare, come funziona in Spagna. Ma dovremmo dare pernoi per primi un segnale di maturit: giimmagino le riunioni...



L’aria che c’era da parte di tutti, l’altra sera allo stadio, non era di entusiasmo trascinante. Abbiamo subito temuto il peggio, quando abbiamo preso il gol. Non siamo nemmeno avvelenati, no, come sottolineava il direttore. Siamo tristi. E io non voglio una Roma triste, non ci penso proprio che possa essere cos: la Roma­la nostra gioia, deve esserlo. Gistiamo facendo i preliminari di Europa League... noi, la Roma? I preliminari con una squadra che non si sa nemmeno da dove arrivi, e stiamo anche perdendo? No, non ci sto.

E si comincia ad avvertire questo malessere, che poi­pericoloso, si traduce in sconforto verso la squadra, si innesca la polemica dove non serve, si traduce nella considerazione generale che scema, come se la Roma fosse una bella provinciale, che non lodavvero: se ci assiste il potenziale, che­notevole, io sono sicuro che ce la giocheremo con tutte anche quest’anno.

Da romanista quasi apprezzo di pil’atteggiamento del presidente laziale Lotito, nella sua particolarit: almeno dice le cose come stanno, poi avrun metodo tutto suo. Noi, un po’, siamo come la sora Camilla, e questa situazione­psicologicamente terribile. Per questo ribadisco che l’analisi del direttore­ stata giusta, e mi auguro che la critica da parte di tutti rimanga dentro questi toni, e non degeneri. Perchcomunque la squadra la dobbiamo sostenere, al di ldi tutto: io ho gicomprato le tessere, e sarl.

Massimo Ghini, romano, 55 anni, attore di teatro, cinema e televisione.