GASPORT (CECCHINI) - Nonostante lui, il gap con Inter, Juve e Milan è aumentato. Nonostante lui, agli imprenditori romani avvicinarsi al club giallorosso fa un po paura. Benvenuti nel mondo senza riserve di Daniele De Rossi, uno che parla chiaro. Come sempre, daltronde.
De Rossi, la Roma può arrivare in Champions League? «Dobbiamo fare molto bene. Si è ricreato un gap con le prime tre che era stato annullato negli anni scorsi. Ce la dobbiamo giocare con Fiorentina, Genoa, Palermo e Lazio. Quando avevo detto che potevamo competere per lo scudetto, ci siamo andati vicino; ora, a livello di organico, ci siamo allontanati. Bisogna essere realisti».
È un vantaggio per voi che Milan e Juve siano state affidate a due tecnici emergenti? «Non credo. Guardiola lo scorso anno alla prima esperienza ha vinto tutto senza grossa fatica. Ripeto, siamo lontani da Inter, Milan e Juve».
Per questioni di budget Aquilani potrebbe andare al Liverpool; firmerebbe per mantenere la rosa attuale? «Sì. Riguardo ad Alberto, se accadrà, perderemo un grande giocatore, un romanista vero; sono sicuro che lo rimpiangeremmo. Per lui sarebbe unoccasione da afferrare al volo, visto che potrebbe giocare vicino a Gerrard, il centrocampista più forte del mondo».
Lei, invece, è incedibile. «Io ho solo voglia di Roma. Il discorso cambierebbe se mi dovessero cedere loro. In vacanza leggevo certe cifre emi dicevo: " Forse stavolta mi vendono davvero"; invece, la società mi ha dichiarato incedibile e mi ha fatto piacere. Altrove professionalmente non cè paragone, ma io voglio restare».
Nella storia del nostro campionato Milano ha vinto 34 scudetti e Roma solo 5: perché i grandi imprenditori della Capitale non hanno mai avuto desiderio dinvestire nel calcio? «Ne basterebbe uno per vincere, come ha fatto Berlusconi al Milan. Dipende da quanta voglia ha una persona di mettersi in ballo. Cè tanta pressione a Roma. Non basta prendere Kakà per vincere tutto. Non è facile vivere qui se le cose non vanno bene: guardate ciò che succede ai Sensi».
Anche lei, come Totti, si sente garantito dalla presidenza? «Questa famiglia si è impegnata tanto per la Roma, sotto tutti i punti di vista. Non può stare ai livelli dellInter, questo lo sapevamo, ma laffetto e la stima rimangono. Poi ci sono i sogni che fanno i tifosi e che faccio pure io; sognare, però, ti illude e poi, se certe cose non si verificano, si cerca un capro espiatorio. Se io voglio vendere un telefonino, ma nessuno lo compra, me lo devo tenere. Però non me la prendo con la società. Soros, Fioranelli, storie così creano un ribollire nello stomaco del tifoso, perché a tutti noi piace sognare».
A lei piace sempre fare baruffa in caso dingiustizie? «Dico sempre quello che penso. E i tifosi si aspettano che sia io a dire certe cose e lo farò, lo impone la figura che sono diventato qui a Roma. Non sono capace di fare giri di parole. Anche se qualche giro di parole lo userò, perché si incappa nelle squalifiche, in un senso di antipatia che noto e in gaffe con persone non colpevoli».
Mercato a parte, di cosa ha bisogno la Roma che verrà? «Serve ritrovare quella mentalità e quella cultura del lavoro che ci ha sempre caratterizzato. Lanno scorso anche io tendevo a tirare il freno, a preservarmi. Ora serve riportare nei tifosi entusiasmo. Non vogliamo più prendere i fischi».