Calcio senza futuro: dirigenti, arbitri e stadi sono un disastro

18/05/2009 alle 15:55.

IL MESSAGGERO (RENGA) - Quale futuro? Le grandi sono piccole e comunque piene di difetti, dall’Inter alla Roma. I dirigenti pensano alla Superlega, ma che ci può mai essere qui di super? Gli stadi risalgono al mondiale del 1934 e quando li abbiamo ritoccati nel ’90 siamo riusciti a peggiorarli. La Juve addirittura sta distruggendo il suo per farne un altro: monumento allo spreco. E degli arbitri facciamo fatica a parlarne. Ieri abbiamo visto gol fantasma, rigori inventati, gol in fuorigioco. Il tutto a danno delle squadre più piccole: non capita mai il contrario. O capita raramente: l’Udinese sabato sera ha avuto un rigore che non c’era. Di mezzo è finito il Milan, che non può lamentarsi, si sa. Comunque errori, errori, errori.

A rimetterci le penne sono Chievo, Lecce, Reggina. Questa volta la Lazio, che non è piccola, non è grande, ma ha vinto la Coppa Italia e ci può stare: nessuno le ha messo bastoni tra le ruote. Dovevano? No. Ma potevano e non l’hanno fatto.

L’Inter ha festeggiato con il Siena il meritato scudetto numero 17 (16 più 1 gentilmente offerto), la deve guardarsi dalla , altrimenti le scappa il terzo posto e sono dolori. La a sua volta deve controllare il , che una spintarella ce l’ha sempre. La Roma potrebbe finire in Uefa, ma non è sicuro e non sappiamo quanto ne sarebbe contenta. In basso non può considerarsi tranquillo il Chievo, cui non basta giocare meglio delle altre. Lecce e Reggina sono fuori. Si può salvare solo una tra Torino e : hanno un grande nome e un passato pesante, il che aiuta. Il ha mandato in B il Lecce con una rete irregolare di Di Vaio e grazie a un rosso impensabile in occasione di uno spareggio.

Questo è il nostro calcio. Tutti i risultati sembrano frutto di un programma, più che del gioco. Se non ci fosse la Nazionale a tenerci alto il morale, ci sentiremmo alla frutta. Siamo campioni del mondo, invece. Anche se per crederci siamo costretti a dirlo ad alta voce.



Adesso c’è in piedi una triste e complicata storia di allenatori. La vuole confermare Ranieri, che ha fatto un buon lavoro. Ma sa che tifosi e media l’aggrediranno. Il Milan, per bocca di Berlusconi, l’ufficiale pagatore, ha licenziato
e non sa con chi sostituirlo: al capo piace Van Basten, appena cacciato dall’Ajax. Gasperini e aspettano notizie. In ballo c’è anche Spalletti, che gode di buona fama, nonostante la stagione mediocre. Mazzarri potrebbe finire alla Lazio e la Samp è incerta tra Zenga e Del Neri, che non andrà più all’Udinese: in Friuli resterà Marino, nonostante il giudizio negativo di Pozzo, che non va più allo stadio per non incontrare l’allenatore. Delio Rossi, riscoperto da Lotito e dai tifosi per una serie positiva di rigori, troverà ponti d’oro a Bergamo: scende di categoria, ma si toglierà una bella soddisfazione. Ballardini a Palermo sta battendo tutti i record a disposizione, eppure viene criticato da Zamparini, che vuol sempre dimostrare di saperne di più. Paga regolarmente, se non altro. Ballardini è sotto contratto, ma quando sente il suo presidente se ne dimentica.



La Roma è in alto mare ed è un mare grosso, agitato. Non si sa come finirà. Rosella Sensi non ha molta voglia di lasciare ed ha comunque il diritto di conoscere nomi e volti dei teorici acquirenti e anche l’entità dell’offerta. Come si fa a dire che se ne deve andare comunque? E se poi la Roma finisce in brutte mani? Nel calcio ci sono cordate che si sciolgono in una notte e cicale che cantano senza pensarci. Chi si fa sotto deve anche sapere una cosa: il decennio migliore nella sua storia la Roma lo ha vissuto con i Sensi. Il successore è chiamato a fare meglio e a non presentarsi a mani vuote. E lo diciamo per la Roma e i suoi tifosi, non per le Sensi, che peraltro meritano rispetto. E poi, se Rosella lascia oggi, domani chi paga gli stipendi? Aspettiamo e soprattutto valutiamo. Se si fa vivo Paperone, benissimo: si vive tutti felici e contenti.



Intanto bisognerebbe pensare alla squadra e non succede. Ci sono giocatori spariti, altri consunti, altri ancora malati. La Roma andrebbe rifatta. A partire dalla difesa. Sono 57 i gol presi, appena uno in meno rispetto alla stagione dei mille allenatori. L’ultima volta in cui la media (oggi di 1,58) fu peggiore eravamo nel 1949-50 e nella stagione successiva la Roma retrocesse. Con Capello nel 2003-2004 di gol ne vennero presi appena 19. Spalletti, se i proprietari vogliono e lui vuole, rimanga pure, ma si ricordi di partire da quel numero: 19. Così basso da sembrare un sogno.