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27/04/2009 alle 16:06.

CORSPORT (VOCALELLI) - I giocatori della Roma sfileranno oggi in ritiro. Ci resteranno fino a domenica, almeno fino a domenica. Perché, a caldo, l’avvertimento è stato anche più duro: Trigoria po­trebbe essere la loro casa fino al termine del campionato. Non c’è dubbio che i calciatori abbiano molte, pesanti, responsabilità. Un vecchio slogan del calcio, recita stucchevolmente così: la società? L’allenatore? Sono sempre i giocatori che vanno in campo. Certo, non c’è dubbio che la squadra meriti di finire sotto accusa per una stagione impressionante, scandita da errori, omissioni e rimpianti (l’ultimo sabato, alimentato dalla sconfitta del Genoa).

Sono giorni caldi per la società. Si discute, per la terza volta, di una possibile cessione. Questo giornale ha sempre, scrupolosamente, rispettato la cronaca; riferendo i passaggi della trattative, spiegando ciò che era, ciò che stava accadendo, ciò che sarebbe potuto succedere. Sarà così anche stavolta.

Perché la Roma deve moltissimo alla famiglia Sensi e - anche se sono forti la curiosità e l’interesse della gente in at­tesa di capire se i possibili acquirenti potrebbero davvero riservare un futu­ro di altissimo profilo - per prima co­sa deve essere garantita e rispettata la volontà di chi deve scegliere. Non è questo infatti il punto. Il punto, piutto­sto, è che al termine di un ciclo calci­stico - perché non c’è dubbio che la Ro­ma sia arrivata alla fine di un percor­so tecnico e da qui debba ricomincia­re - indipendentemente da qualsiasi trattativa, da qualsiasi scenario futu­ro, la famiglia Sensi debba dare rispo­ste chiare, concrete. Ordinare il ritiro, magari a tempo indeterminato, può es­sere - condivisibile o no - una terapia d’urto. Ma non è così che ci si cura e non è questo che aiuta a fare una dia­gnosi. Per questo serve altro. E serve in fretta.

Non è accettabile che anche nei momenti più delicati, più critici, e questo è uno di quei mo­menti, non ci sia nessuno della famiglia a fare chiarezza. I Sensi, e in questo hanno perfetta­mente ragione, dovreb­bero innanzitutto pre­tendere risposte: perché una squadra ufficial­mente costruita per vin­cere, forse inferiore solo all’Inter, è ridotta così? Ma dopo aver ottenuto le risposte che merita - ed è una responsabilità non aver finora preteso que­ste risposte - la società ha anche il dovere di for­nire le sue risposte. Chiare.

La Roma, cioè la socie­tà, ha capito cosa è suc­cesso? Ha capito perché la Roma squadra si è trasformata in un anarchico gruppo capace soltanto di incassare quattro reti a partita e di allungare una serie impressionante di espulsioni? Ha capito dove sono gli errori dell’allenatore e dove, o come, hanno sbagliato i giocatori? Siamo si­curi che la società abbia le idee preci­se su come e dove intervenire? Su qua­li siano stati gli errori progettuali in fase di calcio mercato - pagati a caris­simo prezzo - quali siano stati gli erro­ri di programmazione e dove o come sia mancata l’applicazione pratica?

Non è accettabile che una società co­me la Roma resti così, immobile, alla finestra. Pronta a ordinare il riti­ro, senza però dare corso alle princi­pali prerogative di un club. Chi co­manda non può limitarsi ad assistere a distanza, ha l’obbligo di andare in trin­cea, di andare al confronto, magari al­lo scontro. Ha la responsabilità e il do­vere di essere magari discusso per le proprie decisioni. Ma da qui non può sfuggire. E lo sapeva bene il presiden­te Franco Sensi: irruente, duro, capa­ce di provocare uno choc, quando si trattava di scendere personalmente in campo.

E poi - e il tempo da questo punto è più che maturo - una società deve an­che dare risposte. Si è detto, per anni, che questa Roma era stata bravissima ad autofinanziarsi e il presidente Ro­sella Sensi merita da questo punto di vista un applauso convinto. Ma ora che l’autofinanziamento subirà comunque un duro colpo, questa società è pronta ugualmente ad affrontare il futuro? E quale futuro? Bisogna dirlo chiara­mente, senza giri di parole. Oltre al ri­tiro, cosa intende fare la Roma? Ha ca­pito dove sono stati commessi gli erro­ri? E chi li ha commessi? Ha capito do­ve ha sbagliato anche la società?

E poi ancora: qual è la strategia per il prossimo anno? Ci sono le energie per consolidare la squadra e ricomin­ciare un progetto tecnico? Ecco, tutto questo si aspettano di sapere i tifosi. E tutto questo si aspetta di sapere que­sto giornale: con il rispetto che meri­ta una famiglia che ha dato tanto e con lo stesso rispetto che meritano le aspettative della gente.

Così come la società - e detto dei gio­catori che sono per definizione re­sponsabili quando i risultati non arri­vano - anche Spalletti è chiamato a da­re risposte chiare, concrete. Come al­la famiglia Sensi si rico­nosce l’impegno di tutti questi anni, così al tecni­co nessuno nega il credi­to giustamente ottenuto nel primo triennio. Ma anche lui deve dare, e probabilmente darsi, ri­sposte chiare. Perché l’impressione di oggi è quella di uno Spalletti in continua contraddizione con se stesso. Come quel sorriso ostentato nei momenti più critici. Spallet­ti sa cosa non condivide della campagna acquisti. Spalletti sa cosa non con­divide dell’atteggiamen­to di alcuni, molti, gioca­tori. Spalletti sa cosa non condivide delle decisioni societarie. Però non è chiaro se Spalletti abbia anche profondamente compreso dove ha sbagliato lui. E non ci riferiamo all’inserimento di Loria a Reggio Calabria o di Cassetti in casa della . Ma errori evidente­mente più profondi, che hanno inciso nella carne della Roma, se è vero - co­me purtroppo è vero - che non c’è più traccia della squadra vincente, diver­tente, in salute e serena dei suoi primi tre anni.


Uno che si è sempre ispirato alla normalità, non può non essere e non sentirsi responsabile di una squadra dai risultati fallimentari, brutta, pe­rennemente malata e coi nervi a fior di pelle. Dai malintesi dell’estate scor­sa a una programmazione evidente­mente sbagliata, da una serie di rap­porti più o meno ufficialmente elettri­ci a un continuo tira e molla su questo o quel modulo. Da un passato che po­teva essere e non è stato, a un futuro troppo nebuloso - tale da spingere la Roma a ricordare in un comunicato al tecnico i due anni di contratto - ci so­no troppe risposte che i tifosi giusta­mente aspettano.

proposito del ritiro, dopo l’umilian­te sconfitta di Firenze, Spalletti ha detto: «Obbedisco, ma non condivido». Posizione legittima. Gradiremmo pe­rò sapere da Spalletti anche cosa avrebbe fatto lui. E soprattutto cosa farebbe lui nell’immediato o cosa farà lui in un futuro prossimo per restitui­re la Roma alla gente.