LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Una buona fetta di popolazione mondiale nega il cambiamento climatico. Avanzando ragioni più o meno presentabili. Neanche il più feroce negazionista potrebbe opporsi alla notizia del cambiamento climatico a Trigoria. La Roma è cresciuta in tempesta e sta morendo di bonaccia. Gli atteggiamenti del gruppo squadra a Verona ne sono la prova inconfutabile. In un tempo neanche troppo lontano, durante due anni di sussulto di orgoglio, dopo avere subito l'ennesima collezione di obbrobri arbitrali che hanno consentito la certificazione del gol di Magnani, i calciatori della Roma e la panchina avrebbero messo a ferro e fuoco il Bentegodi.
In quel tempo, chi guidava la rivolta veniva però etichettato dalla stampa nazionale come un piagnone, trovando terreno fertile anche fra una bella fetta di sostenitori romani, riunitisi in questi anni dietro gli striscioni del Roma Club Pitti Uomo, della Brigata Elegantoni, e del Bontonismo Romano. I manierati del tifo, che da quasi tre lustri ambiscono alla Coppa Fair Play. Eppure la Roma si fregia di essere sempre stata di lotta e mai di governo. Di essere sempre stata all'opposizione. Per essersi sempre dovuta guadagnare quel poco che ha ottenuto a dispetto dei santi e dei navigatori del mare melmoso che bagna le coste dell'Italia calcistica. Sgomitando e sbraitando quando necessario.
Lo sbarco degli americani ha provato a cambiare i connotati, e in parte ci sono riusciti. Cambiamento climatico. Desertificazione degli animi. Siccità e carestia. Il tentativo di seeding clouds effettuato da Mourinho è stata la splendida eccezione. Gli americani hanno provato a strappare le pagine di una storia sicuramente poco vincente, ma indubbiamente orgogliosa di non essersi mai assoggettata al potere restando in ossequioso silenzio. Lo sbarco degli americani è datato 2011. Da quel momento, ci ricordiamo Juventus-Roma 3-2, inizio stagione 2014-15, arbitro Rocchi. Provarono ad alzare testa e voce Totti, De De Sanctis e Garcia. Vennero bacchettati da Pallotta, mentre tutti gli altri dirigenti restavano in silenzio. Silenzio reiterato e colpevole. Sia quando la Roma è stata oggetto di soprusi arbitrali, sia quando sarebbe stato doveroso proporre una voce nel deserto per mitigare l'amarezza dei tifosi dopo sconfitte epocali. Silenzio dopo il 26 maggio, quando in tribuna autorità si sparavano le pose Pallotta e Zanzi. Silenzio quando chiunque si poteva permettere di gettare ombre sulla Roma, fra il dileggio e la calunnia. Perennemente vittima e bullizzata nel gioco dello schiaffo del soldato. Silenzio sempre. Dopo rovesci epocali e quando andavano messi i puntini sulle i. Mai qualcuno a occupare militarmente gli studi televisivi nei post partita bollenti.
Ci si ricorda, nel mare di nulla, una dura lettera di Pallotta dopo Liverpool e qualche timida uscita di Petrachi e Tiago Pinto. Acqua di rose. La situazione col passare degli anni e con l'approdo dei Friedkin è persino peggiorata. Budapest è la madre di tutti i silenzi più vergognosi. Chi provava a perorare la causa della Roma, inseminando le nuvole, veniva tacciato di essere un cacciatore di alibi, un incapace in cerca di scuse e di giustificazioni. Ora che tutti si sono accorti dei danni causati in questi quattordici anni da questo ipocrita comportamento, è troppo tardi. Perché nel frattempo i calciatori si sono adeguati alla mollezza di un ambiente assuefatto, dove in fondo vincere o perdere cambia poco. Dove al massimo pagherà l'allenatore per tutti. Al Verona viene convalidato un gol vergognoso e nessun calciatore alza i decibel. Nessuno va muso a muso con l'arbitro. Un buffetto a Ndicka, colpevole di avere subito una gomitata, e palla al centro. Un anno fa sarebbero scattate le manette. Poi sicuramente la Roma avrebbe perso lo stesso, ma almeno avrebbe urlato al mondo intero che ignobile torto stesse subito. Un modo quantomeno per sfogarsi.
Che fine ha fatto la gestualità fumantina di Mancini? E la loquacità di capitan Pellegrini? Dove è finito l'atteggiamento polemico di Cristante? Perché non scatta più come una molla la panchina? Un cambiamento climatico che farebbe vergognare due miti della storia della Roma. Dino Viola e Franco Sensi. Diversissimi fra loro, al punto che davanti alle ingiustizie o al cospetto di frasi irriguardose per l'onorabilità del loro club, avrebbero dato fuoco alle polveri in maniera diversa. Ma si sarebbero fatti sentire. Avrebbero stimolato la squadra a reagire, avrebbero rappresentato tutti i tifosi romanisti. Perché la Roma è sempre stata questo e non è mai stata una compiacente e gentile comparsa dal campionato italiano. Di questo dovrebbero ricordarsi i calciatori, la società, e anche gli iscritti al Roma Club Pitti Uomo, quelli felici se la Roma esporta bon ton e morbide e sinuose posture da sfilata, ottenendo come risultato brutte figure, pacche sulle spalle e la coppa Fair Play. Cornuti e mazziati.
In the box - @augustociardi75