LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Focus sul Direttore sportivo. Figura centrale ma non sempre centrata, soprattutto quando se ne parla. Quando la Roma con Franco Sensi vinse a lo scudetto, il mercato era caratterizzato dal lavoro di Franco Baldini, che dieci anni dopo avrebbe esaurito in pochi mesi tutto il credito accumulato in anni in cui per i tifosi lui era un motivo di vanto. Baldini sarebbe stato salutato come consulente di mercato, ma all'epoca era a tutti gli effetti il direttore sportivo illuminato, con Lucchesi direttore generale e Sensi presidente presente e operativo, anche nelle trattative. Nel frattempo iniziava a muoversi Daniele Pradè, serio professionista, poco amante delle telecamere, che negli anni più difficili per la proprietà Sensi rimase accanto a Rosella Sensi durante un lungo periodo di transizione.
Poi a Roma cambiò la percezione della figura del DS, assumendo fattezze distorte, perché il ruolo per anni è stato ricoperto da Walter Sabatini, che si ritrovò, e gli piacque assai, sul palcoscenico. Anche perché su quel palcoscenico non era mai salito Baldini, il grande assente della prima Roma americana. Figura distorta perché notoriamente il direttore sportivo non cerca le telecamere, mentre Sabatini per generosità e, appunto, piacere, era costretto a fare il frontman. Con pregi e difetti. Perché per la prima volta faceva i conti con le luci della ribalta.
Sabatini si lasciò male con Pallotta e Baldini, la Roma ebbe un un intermezzo con Frederic Massara, uno dei migliori talent scout presenti su piazza, forse il più schivo di tutti, uno di quelli che più di altri ha bisogno di una figura dirigenziale che occupi gli spazi mediatici. Perché in fondo il direttore sportivo potrebbe anche essere muto. E spesso i migliori direttori sportivi danno il massimo fino a quando non devono fare altro, teoricamente non previsto.
Fu poi la volta di Monchi, probabilmente il dirigente di area tecnica col curriculum più pesante che abbia mai avuto la Roma. Usciva per la prima volta di casa e l'esperienza fu spiazzante per quanto deludente. Gianluca Petrachi è durato il tempo di andare sulle scatole alla proprietà e al resto della dirigenza. In una Roma manierata e col fare bocconiano strideva la sua presenza fumantina e ciarliera. E qui i meno inclini a farsi andare bene tutto ciò che produceva il consorzio stelle e strisce, si fecero assalire da un dubbio: possibile che l'indole barricadera di Petrachi non fosse nota fra Boston, Trigoria, via Tolstoj e Londra? La sua avventura è finita in tribunale.
La Roma ultima di Pallotta e la Roma prima di Friedkin delega compiti sportivi a Fienga che, per onesta ammissione, di calcio era digiuno. Trigoria fu un porto di mare per agenti e intermediari. Poi venne Tiago Pinto, che nel Benfica aveva compiti diversi. Non riuscì a capire, lui e i suoi sodali, che lavorare con Mourinho poteva essere un vanto da mettere nel curriculum.
Ora c'è Florent Ghisolfi. Disintegrato dalla critica prima ancora di mettere piede a Roma. Un inedito assoluto. Deriso, sbeffeggiato, trattato come un coglione da chi magari ha impiegato sei mesi per capire come pronunciare la i finale del cognome. Non sarà il nuovo Italo Allodi, ha commesso anche lui tanti errori, ma sconta non soltanto colpe proprie. Si è persino scritto che non parlasse altre lingue a parte il francese, salvo smentita tramite l'intervista di ieri all'Olimpico, in inglese. Molti chiedevano il direttore sportivo italiano. Ma perché nella testa dei molti c'è la distorsione del ruolo. Si pensa erroneamente che il DS debba fare mercato e rappresentare il club nelle conferenze stampa, debba rispondere alle accuse e fare valere in pubblico i diritti della squadra.
A Roma si confondono le figure. L'organigramma prevede un CEO che non è scritto da nessuna parte che debba avere trecento partite in Serie A in quanto è una figura amministrativa e politica; un Direttore generale che deve essere uomo carismatico, presentabile, che sappia navigare le acque melmose del calcio; e poi il Direttore sportivo, che si occupa di mercato ma che non fa il dittatore, perché opera in condivisione con l'allenatore, con il DG e a volte col presidente.
Ricordate Fabio Paratici? Andate a cercare dichiarazioni ufficiali fino a quando il suo superiore nella Juventus era Marotta. Non le troverete. Contate quante volte negli ultimi anni ha parlato nell'Inter Marotta e quante volte lo ha fatto il DS Piero Ausilio.
Il Direttore sportivo può essere il segreto di una squadra ma se le cose vanno male non è il primo responsabile. Altrimenti il tanto rimpianto Massara dovrebbe cambiare lavoro, perché il suo Rennes in Francia è tredicesimo, e fa un punto a partita. Ghisolfi non sappiamo ancora se sia un genio del calcio o un totale incapace, ma qua a Roma dove sappiamo tutto noi e giudichiamo tutto noi, si è stabilito che sia soltanto un incapace da prendere per il culo.
In the box - @augustociardi75