L'oro e l'alloro

02/05/2024 alle 12:49.
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LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Negli anni, siamo stati abituati ad ascoltare discorsi assennati, ragionevoli. Che però ci hanno allontanato dalle emozioni. Sia chiaro, non parlo da sprovveduto, e chiedo scusa per questa breve personalizzazione. Ho appreso cosa fosse il fair play finanziario quando nel 2009 me ne parlò Ernesto Paolillo, storico dirigente dell'Inter, uno degli autori principali della grande novità che avrebbe stravolto la nostra epoca calcistica, col fine di garantire un equilibrio di competitività che, invece, purtroppo, mai è stato raggiunto. E non per colpa di Paolillo. È chiaro che si debbano tenere d'occhio il bilancio, i conti, gli stipendi. Altrettanto chiaro che, per imperizia reiterata dei club, oggi il piazzamento in zona Champions League vale più di una finale europea. Per i commercialisti del calcio. Tutto chiaro.

Quindi, possono tranquillamente evitare di salire in cattedra i professori che sono stati appatentati negli ultimi anni, quelli che hanno scoperto il fair play finanziario dopo essere stati indottrinati, nel decennio scorso, dai solerti dirigenti di società italiane che, oltre a illustrare minuziosamente una materia nuova, avevano la finalità di buttare acqua fredda sulle ingorde velleità dei tifosi, che avrebbero dovuto imparare a fare la bocca al trading di calciatori (leggi autofinanziamento) e pian piano a rinunciare alla speranza di vittoria, perché avrebbero dovuto nutrire come unica ambizione i secondi, i terzi e i quarti posti. Sappiamo tutto. Anche noi residenti nella caverna dell'età della pietra del calcio. Noi che ci siamo tatuati la frase "il fine giustifica i mezzi tattici".

Il fine qual è? La vittoria in loop di trofei stile Real Madrid? Giammai. Non siamo così stolti e sprovveduti. Il fine sono le emozioni, che esplodono nelle partite da dentro o fuori. Quelle in cui gli unici calcoli sono legati alla strategia migliore per sopravanzare l'avversario. E a farli sono gli allenatori. Perché poi calciatori e tifosi, che vivono per match simili, non staranno mai con la calcolatrice in mano per capire quanti soldi entreranno in caso di passaggio del turno. E non penseranno al tipo di indotto che si creerà grazie alla visibilità che offre una semifinale di coppa europea.

Nessun calcio moderno, nessun dirigente affermato e tantomeno nessun professore da salotto televisivo, radiofonico e social potrà ledere o intaccare le emozioni che producono certi avvenimenti.

La Roma in Europa ha imparato ad accendere il fuoco. Da anni. Mentre i tifosi delle altre squadre stanno da marzo con la testa al mercato estivo, cercando di capire chi lo farà, chi sarà l'allenatore e quante plusvalenze frutteranno gli esuberi, mentre i grandi organi di stampa nazionale li rincoglioniranno sparando nomi senza senso per la campagna acquisti, i tifosi della Roma, e i calciatori della Roma, e l'allenatore della Roma e la Roma tutta hanno eletto da anni maggio come il mese delle emozioni. Quelle che rimarranno in vita grazie ai racconti che col passare del tempo saranno persino dopati dalle romanzate. Fa parte del gioco. È l'essenza del calcio. Da sbattere ogni tanto in faccia a chi, in delirio di onnipotenza, si ritiene persino in diritto di pesare e giudicare il modo di tifare altrui.

Vada come vada, la Roma ha trovato la via dell'oro. L'oro sono le emozioni. Che valgono persino più dei premi UEFA. A prescindere da chi potrà alla fine ostentare la corona d'alloro.

In the box - @augustociardi75