LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Siamo abituati a ragionare su carta. Ad abusare dei condizionali e degli avverbi. Sarebbe. Potenzialmente. Forme ipotetiche per giudizi di prospettiva, previsioni non supportate dai fatti che poi diventano la base dei discorsi intavolati, ostentati e sostenuti dalle nostre idee che spesso vanno oltre la realtà. Potenzialmente, ok.
Ma materialmente? Romelu Lukaku è materia. Occupa spazio. Lo riempie. Esiste. Chiunque si accorge della sua presenza. E infatti Romelu Lukaku, un gol a partita, ha cambiato l'attacco della Roma. Spazzando via la carta, i condizionali, gli avverbi, le ipotesi e la vacuità del calcio parlato al ritmo dei se e dei ma. È forte. Lo sanno bene a Milano, dove i cinquantamila fischietti del Meazza prima di essere usati andranno sterilizzati, perché da due mesi stanno in bocca a quei giornalisti che spargono inchiostro velenoso sui comportamenti del belga. Moralizzatori a seconda delle circostanze. Quando l'attaccante si metteva di traverso con le sue squadre di Premier League per andare o tornare all'Inter era un eroe, Big Rom, il super bomber. Quando è stata l'Inter a subire lo stesso trattamento, si è trasformato in traditore, uno che a guardarlo bene forse sta pure al tramonto della carriera. Le cronache di Narnia. Fantasilandia. Ingenua credenza credulona che per risollevare le sorti in edicola basta ingraziarsi i potenziali lettori. Che però all'informazione non chiedono carezze, ma informazioni. Appunto. Lukaku, dicevamo. Lunga pausa.
Poi arriviamo a Paredes, poi forse arriveremo a Ndicka e Aouar. Titolare inamovibile l'argentino, sempre più titolare il difensore, nelle rotazioni la mezzapunta. Ma chi sta cambiando in meglio la Roma rispetto allo scorso anno, in modo sostanziale, è Lukaku. Anche perché Paredes, fulcro della manovra, ha l'ingrato compito di cancellare Matic, un altro che in campo ai se e ai ma preferiva i fatti.
Che Roma si può giudicare? Se proviamo ad amputare per una volta ogni tipo di collegamento a Mourinho, che ruba sempre e comunque la scena e le attenzioni, se proviamo una volta tanto a parlare della rosa a sua disposizione, quale Roma andremo a valutare? Perché la cosa più banale da dire è "con Lukaku e Dybala davanti, Pellegrini e Renato Sanches in mezzo, con Smalling dietro, come fai a non lottare per il vertice?". Già. La Roma potrebbe di diritto ambire a vincere il campionato di calcio dell'Almanacco Panini. Sfogli le storiche pagine dell'annuario, guardi le figurine. E sogni. Peccato poi si debba scendere in campo. Senza aspettare che esca l'almanacco dell'anno dopo, è sufficiente buttare un occhio sulle impietose statistiche aggiornate partita per partita, e tutti i bei discorsi sulla potenza di fuoco ipotetica della squadra lasceranno il posto a una realtà forse brutale, sicuramente aderente al pianeta Terra. Non appartenente alle favole moderne basate su ciò che potrebbe essere ma che, in sostanza, materialmente, non c'è.
Perché il centrocampista alla potenza più forte, Sanches, ha giocato 69 minuti su 720 complessivi (recuperi esclusi). Quindi stiamo per ora parlando di un calciatore virtuale, ma lo sapevamo già quale fosse il rischio, e non è corroborante sapere che, qualora la tendenza non si invertisse, si potrà puntare il dito su Tiago Pinto. Un anno fa la mezzala da salto di qualità veniva meno per mera sfortuna, perché Wijnaldum si spezzò la gamba a fine agosto. A oggi la mezzala da salto di qualità è una monetina da lanciare in aria. Testa gioca, croce, diventa una croce. Ai limiti del sadismo.
Paulo Dybala nelle tre partite tragicomiche di inizio campionato ha giocato 67 minuti su 270 (recuperi esclusi), poi 6 partite da titolare (gli unici due gol fatto all'Empoli nei 63 minuti in cui è stato in campo), con 3 match da 270 minuti totali. Quindi, ci risiamo. Fuori da Cagliari-Roma poco dopo la mezz'ora e arrivederci a novembre inoltrato. Quando tornerà avrà già saltato la metà delle partite disputate in Serie A nel 2023-24. In media con la passata stagione.
L'universalmente riconosciuto più forte difensore della squadra, Smalling, manca da due mesi, e contro il Monza starà al massimo in panchina. Se non fosse impazzito il clima, l'ultima sua partita l'avremmo vista in infradito e la prossima la vedremmo con le galosce. 244 minuti su 720. In campo in un terzo dei minuti giocati finora dalla Roma in campionato.
Poi c'è Pellegrini. Le discussioni sul suo effettivo valore sono state spazzate via dalla cruda realtà che ha rottamato teorie, endorsement o accuse al rendimento. È un calciatore che ha problemi quasi cronici da risolvere. In campo per tutta la partita c'è stato soltanto a Verona. Titolare col Milan, titolare a Genova e col Frosinone. Poi una squalifica e i soliti stop muscolari.
Smalling, Renato Sanches, Pellegrini, Dybala. Quattro titolari a mezzo servizio, a un terzo di servizio, o addirittura virtuali. Alla potenza la Roma è squadra da vertice. Cercando materia e sostanza, la Roma ha un Lukaku debordante in più. Stop. Sia chiaro che neanche in emergenza è da decimo posto. Questo articolo non è una difesa d'ufficio a favore dell'allenatore. È soltanto una banale, schietta e semplice constatazione dei fatti.
In the box - Augusto Ciardi