LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Nell'area dedicata alle altalene, all'interno del Luna Park Roma, gli sbalzi d'umore trovano lo sfogo preferito. Da Azmoun alla trattativa per Lukaku, fino al post Roma-Milan. Tutto in nove giorni. Dal penultimo giovedì di agosto al primo venerdì di settembre, con l'hangover da smaltire faticosamente nei successivi quattordici giorni senza campionato, con due fine settimana di rientro per molti villeggianti, di non ritorno per i catastrofisti calcistici.
In principio furono le voci e poi le conferme sull'ingaggio dell'iraniano: una mattinata pesante come una mattonata per chi non se ne faceva una ragione del mancato arrivo di Zapata. Ma la Roma, sapendo di avere il super colpo in canna, passando al supermercato intanto metteva nel carrello l'antipasto, certa che nei giorni successivi avrebbe acquistato la materia prima più pregiata per preparare il piatto forte del mercato.
In mezzo c'è stata la seconda delusione stagionale, passata sugli schermi veronesi in questa mini saga horror itinerante di fine estate. Quindi l'attesa, gli spasmi, la paura che saltasse Lukaku, il monitoraggio delle rotte aeree, una psicosi collettiva sporcata dal lavoro non richiesto dei treccartari del web: gli autonominatisi insider, che poi nella realtà sono niente più che disperati sedicenti esperti di mercato, e dei cacciatori di like e di consensi, che provano dall'alto di un mini pulpito di carta a indottrinare le folle, predicando realismo e presunto romanismo in cambio di un pugno di like ma anche di una valanga di figure melmose, perché in fondo la folla non vive con l'anello al naso, sa riconoscere i disperati che al massimo possono convincere una sparuta minoranza di tifosi stolti. Ecco Azmoun: Friedkin vattene e portati via pure Tiago Pinto!
Ecco Lukaku: Friedkin mio padre! Mago Pinto GOAT del mercato! Dal volo a Londra al ritorno a Ciampino all'americana. Dentro c'è tutta Roma. Da zero a cento in dieci secondi, e ritorno. Pagando pure la tassa di soggiorno sul pianeta terra dei subumani che hanno usato le automobili parcheggiate in aeroporto come palchetto di disonore su cui montare in ciavatte o snicker per vedere il belga sbarcare nella capitale. Subumani da recintare e isolare, loro e chi li ha creati e svezzati. Tolleranza zero. Arriva Romelu e i 3 con frode in pagella diventano 10 e lode, fatece largo che passamo noi, sti cazzi se la Roma ha già perso cinque punti su sei e abbia già tre calciatori in infermeria. C'è da andare al Luna Park, questi demoni hanno già cucinato il programma del giorno, sul volantino on line c'è tutto, sembrano i festeggiamenti per la festa del patrono: fuochi d'artificio, sparamagliette di dubbio gusto, premiazioni, speaker urlanti e cotillon.
E Roma-Milan? Ah già, c'è pure il calcio giocato. Vabbè, pazienza, si rincaserà più tardi, tocca vedé pure la partita. Già perché il calcio giocato, relativamente alla Serie A, per la Roma sembra diventato un optional. Si vive in un eterno spinoff. Le altre iniziano a ferragosto e recitano nella serie principale, Roma e la Roma si sono create un set a parte, montando un red carpet su cui passeggiare tronfie ma che in un attimo può diventare corridoio per gli ultimi passi del condannato a morte. Roma si distrae fra rotte aeree da monitorare, conteggio di sold out allo stadio e bagni di folla agli scali. Più che romanismo, surrealismo. Poi si prende atto della miseria di un punto su nove e parte la lagnosa cantilena: il nostro campionato inizia dopo la sosta. Motivetto fastidioso. Tipico di chi rimanda a domani quello che non riesce a fare oggi.
Prima della partita parlano tutti: più o meno direttamente il presidente, senza mezzi termini il general manager e la CEO, parla pure l'allenatore pochi attimi prima di sedere in panchina. Mica parlano di Roma-Milan, ognuno a modo proprio dice la sua su Lukaku. C'è chi si appende medaglie al petto e alzando l'asticella delle aspettative lancia moniti all'allenatore. E c'è chi fa il pompiere, e per respingere le pressioni si concentra sulla forma fisica non ottimale del belga per abbattere l'effetto Viagra.
Poi la Roma fa da sparring-partner al Milan e spariscono tutti. Presidente, general manager, CEO e allenatore lasciano il microfono a uno dei più famosi collezionisti di sesti posti, Cristante. Ma non sarebbe stato meglio un silenzio stampa assoluto se proprio non si voleva dire nulla? Cosa diavolo potrà dire di così perentorio uno dei leader certificati dello spogliatoio? Nulla. Appunto. I "leader" parlano di sfortuna ed episodi, e indicano la via dicendo "testa ai prossimi impegni", attingendo al manuale del frasario banale del calciatore moderno. Gli otto giorni che passano dall'ingaggio di Azmoun alla sconfitta col Milan sono stati un tagadà chiassoso anche quando nessuno ha preso parola. Poteva farlo Mourinho a fine partita, poteva farlo qualcuno fra dirigenti e proprietari. Per motivare una sconfitta che sa di resa senza condizioni o per richiamare i tesserati alle proprie responsabilità. E invece no. Silenzi per cena, ma pure per colazioni e pranzi di due settimane in cui fioccheranno le ricostruzioni più o meno autorizzate o fantasiose. Con una dozzina abbondante di calciatori super pagati che hanno già raggiunto le nazionali e un gruppo di superstiti che si ritroverà a Trigoria per preparare Roma-Empoli. La classifica fa ribrezzo. Necessita un ritorno sul pianeta Terra che non si faccia scalfire dal Luna Park che sempre di più confina col circo. Continuare a enfatizzare sold out e bagni di folla negli aeroporti, dare spazio a esclusive di guitti che provano quotidianamente a imbucarsi nei bug della comunicazione latente del club, alimentare guerre intestine di quartiere trovando facili sponde mediatiche, è quanto di più deleterio si possa immaginare nella grande stagione dei contratti che contano in scadenza.
Perché le stagioni in cui scadono i contratti di allenatore e dirigenti, possono sì diventare epiche perché le storie prevedono ancora il lieto fine. Ma possono pure essere una potenziale bomba a orologeria. Contratti in scadenza di dirigenti e allenatore, perché quelli dei prodi calciatori collezionisti di sesti posti sono ben blindati a cifre da top player. Quelli non li smuove nessuno. E nessuno li mette mai in discussione. Si riconoscono facilmente. Dopo le sconfitte parlano di episodi sfortunati e di lavoro in vista dei prossimi impegni. Parole forti, che farebbero impallidire il líder màximo più carismatico.
In the box - Augusto Ciardi