LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Quando ha messo la firma sulle grandi imprese della sua carriera, José Mourinho non guidava le squadre più forti nelle competizioni in cui trionfava. Il Porto non era la squadra più forte dell'Europa League prima e della Champions League poi. L'Inter non era la squadra più forte d'Europa all'epoca del triplete. Dopo la sconfitta con il Milan di venti giorni fa, classifica alla mano sembrava che per la Roma ambire alle zone d'alta classifica fosse più che un'impresa, un'utopia. Calciatori involuti laddove non fossero infortunati, solidità disintegrata, atteggiamenti sbagliati.
Poi come per magia tornano in tanti a disposizione, e con tre settimane di ritardo inizia il campionato della Roma. Che, grazie anche ai difetti congeniti di altri allenatori che vengono celebrati per partito preso, può tornare a cullare ambizioni che sembravano già abortite a metà settembre. La Roma quindi non è la squadra favorita per entrare in Champions League. Ma è legittimata a crederci se non dovrà fare i conti con mille defezioni. Perché ha tante soluzioni a disposizione, evidenziate dal tecnico già alla vigilia della partita con l'Empoli: la Roma a ranghi completi è una squadra competitiva. Forte. Forza determinata dalla quantità. Con dei picchi notevoli di qualità.
Proviamo a farci una domanda e a darci una risposta: gli allenatori vogliono avere undici titolari da otto-otto e mezzo in pagella ma con le riserve che arrivano a un sei stiracchiato, oppure preferiscono avere sedici-diciassette calciatori da sette in pagella, in modo che alternando i titolari non ci sia un grande dislivello? Dovendo scegliere, forse opterebbero per questa seconda possibilità. Perché nel calcio moderno è impensabile utilizzare sempre gli stessi undici fino al rischio di fondergli la testata. E, troppo spesso, col turnover il rischio di abbassare il livello della squadra causa brutte sorprese.
La Roma ha due calciatori, più uno, che sono nettamente sopra la media. Dybala, Lukaku, con Renato Sanches che rappresenta il più uno. I calciatori da otto sono loro. Poi però, mai come quest'anno, c'è un buon livellamento fra i potenziali titolari e le rispettive riserve. Due anni fa, se tiravano il fiato Pellegrini, Cristante, Vetetout e Mkhitaryan, si passava a Diawara, Villar e Darboe. Oggi se rimangono fuori Pellegrini, Aouar e Bove, sai che in campo andranno Cristante, Paredes e Sanches.
C'è di meglio? Certo, ma siccome alla Roma non si chiede di duellare con l'Inter per vincere lo scudetto, la rosa attuale, se non cadono i petali, può legittimamente auspicare di rientrare nei ranghi che le competono per giocarsi anche l'accesso in Champions League. Pure perché attorno non si scorgono geni della lavagna tattica. Tanti bravi allenatori ma fallibili.
La Roma travolgendo l'Empoli non cancella il pessimo inizio di campionato. Ne siamo tutti consapevoli. Così come siamo consapevoli delle esagerazioni mediatiche a favore degli allenatori che piacciono alla gente che piace. La Lazio di Sarri dopo due partite flop con Lecce e Genoa sembrava diventata il City di Guardiola soltanto perché aveva battuto il Napoli di Garcia, che dimostra di essere in palese difficoltà. Il Milan che aveva passeggiato sui resti della Roma veniva dipinto sui giornali come l'Olanda di Michels, mentre dopo la sconfitta nel derby si invoca la testa di Pioli. Allegri nei commenti era diventato l'anziano a cui ritirano la patente perché oramai è un pericolo pubblico, mentre oggi viene riabilitato dagli stessi mass media con la faccia di bronzo. Alti e bassi.
Con il tempo che ci dirà se l'Inter sia in grado di avvicinarsi al super campionato fatto dal Napoli nella scorsa stagione. E con un gruppone di squadre legittimate a puntare alle posizioni d'alta classifica. Fra queste, in condizioni normali, c'è la Roma. Lo sa pure Mourinho. Lo ha detto pure Mourinho. Se i calciatori stanno bene, la Roma è competitiva.
In the box - Augusto Ciardi