LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Anni fa, la Roma vendeva e comprava in modo quasi compulsivo. Porte girevoli per un viavai di calciatori che, per cause ignote, non hanno vinto nulla in giallorosso, salvo poi fare le fortune delle squadre in cui si sono trasferiti. Nell'era della recessione economica del calcio, la prima Roma americana inaugurava il trading di calciatori, un autofinanziamento produttivo fin quando non si è passati da Sabatini ai suoi successori. Perché da Monchi in poi ha cambiato nome, trasformandosi in roulette russa. Potevi ritrovarti quasi per caso uno Zaniolo, ma il più delle volte ti accollavi un Pastore. Poi il trading dei calciatori è diventato una regola per il calcio italiano. Ma la Roma nel frattempo aveva cambiato politica, riducendo ai minimi termini da tre anni, anche per scarso appeal dei suoi tesserati, la voce cessioni. Salvo scelte tecniche, i calciatori, più che incedibili sono stati resi invendibili dal rendimento in Serie A in rapporto agli stipendi da top player che generosamente ha continuato a elargire il club. Questa estate, complice il patteggiamento con Nyon, la politica ha iniziato a mutare, perché Abraham e Ibanez dalla scorsa primavera sono finiti nella lista dei possibili partenti. Poi l'inglese si è distrutto il ginocchio. E sul mercato è rimasto il difensore. Vendere per poi ricomprare. La preventivata partenza di Ibanez consente alla Roma di programmare acquisti con minore ansia. Saltano Morata e Scamacca? Piano alternativo. Attaccante esperto a cifre non proibitive e poi, finalmente, rischio di impresa calcolato per il giovane sudamericano rampante. E qui scatta la commozione. Perché la Roma quest'anno torna pure a fare un tipo di operazione che negli ultimi sei anni sembrava essere diventata vietata. Acquistare un ragazzo di prospettiva, più vicino ai diciotto che ai venticinque, che possa diventare un valore aggiunto ma anche un asset spendibile, definizione che manderà in brodo di giuggiole quella fetta di appassionati che in nome della ragion finanziaria sacrificano sempre di più il discettar di campo. Trattative alla Marcos Leonardo mettono fine a una serie di operazioni pigre collezionate negli anni, durante i quai i guizzi erano legati agli ingaggi di big stranoti o all'acquisto calciatori di medio livello in grado di aggiungere ben poco per la crescita della squadra. Fra mille difficoltà, la Roma che torna a votarsi al rischio di impresa, fa correre il brividino lungo la schiena. Non causato dal maestrale che ha appena ucciso Caronte. Ma da un'audacia che sembrava oramai persa per sempre.
In the box - Augusto Ciardi