LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Favoreggiamento della vittoria. È il reato della Roma che per il secondo derby consecutivo invita al gol la Lazio che col minimo sindacale porta via sei punti su sei non correndo praticamente mai il rischio di essere raggiunta. Non a caso, nel primo tempo, dopo l'espulsione di Ibanez, la squadra di Sarri quasi non si capacitava dell'autolesionismo romanista, e soltanto nella ripresa capiva che sarebbe bastato affondare un po' il colpo per trovare il gol, forse anche consapevole che a quel punto la Roma, in inferiorità numerica, stanca, e mentalmente poco propensa ad attuare il piano rimonta, difficilmente sarebbe stata in grado di controbattere. E infatti, a parte il gol annullato per fuorigioco, di pericoli per il febbricitante Provedel non c'è stata traccia. Un po' come nella partita di andata. Perché alle due squadre, di partenza, il pareggio andava bene, e fino al secondo giallo del brasiliano la sensazione iniziale stava prendendo forma.
Poi le partite cambiano attraverso gli episodi, e l'ennesimo lapsus mentale di Ibanez ha fatto la differenza. Ibanez non soffre il derby come lo soffriva Nesta, romano di Cinecittà. Lui è di Canela, Rio Grande do Sul, il derby è diventato semmai una psicosi, perché accumulando errori ci è entrato evidentemente in conflitto. Ora sarà fondamentale non staccare la spina in campionato pensando di fare all-in in Europa League, a maggior ragione dopo il sorteggio benevolo e gli eventuali abbinamenti successivi potenzialmente favorevoli. Non soltanto perché il Feyenoord ha sbancato l'Amsterdam Arena legittimando il primo posto in Eredivisie, ma perché in fondo la zona Champions è ancora a portata di mano, il quarto posto dista un punto. E perché l'esperimento della spina staccata è già risultato un flop due anni fa, quando c'era Fonseca. Che la Roma avesse archiviato colpevolmente la Serie A non fu all'epoca soltanto una sensazione popolare ma un'ammissione, a fine stagione, del capitano Pellegrini, che fra lo schietto e il grottesco affermò che deliberatamente avevano mollato a fine febbraio. Peccato che in quelle settimane gli ignari tifosi si mangiavano il fegato perché la Roma collezionava figure fantozziane contro il Parma praticamente retrocesso, la modestissima Sampdoria e in altre obbrobriose partite. Qualcuno poteva avvertirli prima.
Come gestire, da aprile in poi, i doppi impegni settimanali con la stanchezza che si fa sentire? C'è l'allenatore giusto a cui affidarsi, ma dovrà essere molto abile nel rendere pericoloso un attacco, l'ottavo del campionato, che oltre a non segnare mai in assenza di Dybala, quando l'argentino c'è ma non è supportato da una buona condizione di forma non riesce comunque a essere incisivo. Pellegrini continua a tracciare la striscia negativa di un rendimento decisamente insufficiente. Belotti più che gol mette in bacheca cartellini gialli che si beccano gli avversari con cui fa la lotta greco-romana. Abraham vive un pericoloso stato di torpore. Da titolare come da rincalzo, non trova la posizione in campo, non incide, sbaglia quasi ogni giocata. El Shaarawy continua a sembrare il più in forma tra gli attaccanti, ma è quello col minutaggio più basso nelle ultime settimane. Alle viste non ci sono missioni impossibili. La zona Champions League è a un tiro di schioppo. Il cammino in coppa tutt'altro che disagevole.
La sosta del campionato va benedetta perché, come prima dei Mondiali, la Roma chiude malissimo il segmento di stagione. Tre sconfitte nelle ultime quattro partite, dilapidata la dote generata dalla bella vittoria contro la Juventus. Oltre al derby perso sono arrivati gli stop assurdi imposti da Cremonese e Sassuolo. Da inizio aprile a fine maggio non ci si fermerà più. Urge trovare i gol del centravanti, perché l'ultimo di Abraham è datato 4 febbraio, sesto minuto di Roma-Empoli. Mentre l'ultimo gol in campionato Belotti lo ha fatto con la maglia del Torino un anno fa. Urge la migliore condizione di Dybala, la crescita di un Wijnaldum che ieri era la vittima preferita del torello della Lazio, e un cambio di rotta di Pellegrini, perché dopo sei mesi di stagione non può più bastare la sua generosità. La fase difensiva, lapsus a parte, ancora regge bene. È davanti che il piatto piange.
In the box - @augustociardi75