LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Quattro punti su sei, perfetta media inglese. Vittoria col Bologna, pareggio in casa dei campioni d'Italia. Tutto bene? Siccome i risultati hanno sempre ragione, sì. Perché gli esiti delle prime due partite dell'anno non sono deludenti. Del resto, parliamone. Deludenti i risultati pre pausa del campionato, deludenti le prestazioni, anche delle ultime due partite. Non filosofeggiamo, ma il futuro deve essere diverso. Mentre i media si palleggiano Mourinho spostandolo dal Portogallo al Brasile (con tanti saluti a chi già lo aveva accusato di essere il vero traditore perché a Santo Stefano avrebbe dovuto disertare Trigoria per parlare con la Federcalcio del suo Paese), è sempre più il caso di fare profonde riflessioni su dei calciatori che hanno dei limiti strutturali evidenti, conclamati, reiterati.
Sono loro e la loro mancata crescita i veri nodi del progetto triennale sottoscritto da Mourinho. Perché il calciomercato sarà per un quadriennio una corsa a ostacoli. Lo ha certificato per l'ennesima volta Tiago Pinto, che da un po' sta parlando più di quanto era costretto a fare Sabatini che da direttore sportivo era diventato unico frontman di un club che aveva in Baldini e Pallotta (e prima DiBenedetto) rappresentanti assenti mediaticamente. Il dirigente ribadisce che c'è da fare i conti con il fair play finanziario, che chi parte va via solo a titolo definitivo. Quindi? Bisognerebbe vendere. E forse pure sapere vendere. Ipotesi legate tra loro, perché diventa difficile vendere calciatori con stipendi che a malapena si permettono le squadre che vincono lo scudetto, e perché è difficile vendere calciatori con cartellini pagati a caro prezzo ma dal rendimento scadente, se poi ci si impone di darli via a titolo definitivo. Pinto fa il CID, ma alla Roma oltre alle perizie per le constatazione dei fatti, serve perizia nello sviluppo di idee programmatiche per adeguare agli obblighi UEFA il mercato. Abbiamo capito che si lavora per cedere Karsdorp, e che Shomurodov va via solo in cambio di soldi. Ma il problema non sono questi due calciatori ai margini. La storia degli ultimi quattro campionati e mezzo impone un rinnovamento a fine stagione che somigli molto a una rivoluzione tecnica. A prescindere da chi siederà in panchina. Tanto si è capito. Nella Roma gli allenatori vanno e vengono, i calciatori restano, bivaccano, consumano. Con super stipendi e con contratti che somigliano a vitalizi.
E poi? E poi ci sono presunti big, che per gran parte della passata stagione (fino allo sprint finale che ha portato la coppa) e per i primi quattro mesi di quella attuale, hanno accumulato prestazioni negative. È semplice esprimere giudizi duri su Felix, Carles Perez e Viña. Bersagli facili. Difficile e sconveniente descrivere il rendimento di Zaniolo e Pellegrini, Cristante e Mancini. La solita storia. Mourinho toglie. Sottrae titoli quando la Roma vince, perché le luci si accendono all'unisono su di lui. Ma attira ogni tipo di critica quando la Roma va male, "coprendo" le pecche di chi va in campo. Fateci caso. Di Zaniolo si parla e si scrive soltanto quando c'è da ricordare che il contratto va rinnovato. Meglio non infilarsi in discorsi legati al rendimento scadente, certificato da numeri inquietanti. Soltanto tre gol in un campionato e mezzo, l'unico dei quali in questo torneo realizzato a porta vuota. E guai ad azzardarsi a dire che nella stagione attuale per Pellegrini ci si accontenti delle sue capacità balistiche su calcio piazzato, degli assist su calcio d'angolo e punizione. Un paio di lanci ben calibrato e oplà, fioccano i giudizi lusinghieri. Ci si infila poco nei discorsi sulla scarsa efficacia in molti big match. Mancini gioca sempre più partite tutte sue, fatte di parole e testa a testa a gioco fermo. Cristante si applica ma in fase di costruzione aggiunge sempre meno. Mentre Spinazzola, che dopo gli Europei per molti era diventato Spina-Zola, è finito nel retrobottega.
Il famoso zoccolo duro della squadra, la spina dorsale della Roma, continua a deludere. Trova le nove colonne sui giornali per articoli allarmanti sulle negoziazioni contrattuali, della serie: Attenta Roma! Te lo portano via! Ma chi? Quando? Come? Ipotizzando che Mourinho o chi per lui decidesse, di concerto con la proprietà, che sia arrivato il momento di recidere il cordone ombelicale, la direzione sportiva dovrà dimostrare di sapere passare dalle tante parole ai fatti. Perché non basta dire che chi parte lo fa a titolo definitivo. Bisogna ingegnarsi per trovare acquirenti che non si fermino al "prestito e poi ne riparliamo". Vale per i giocatori di seconda e terza fascia. Ma vale soprattutto per i presunti big. Per i quali la parola asta sul mercato non è contemplata. Perché, per rendimento e contratti fuori dal tempo, da incedibili sono diventati invendibili. Un bel problema. Mentre la gente continua a essere distratta dal folklore su Portogallo, Brasile, Frattesi e terzini vari.
In the box - @augustociardi75