LR24 (AUGUSTO CIARDI) - José Mourinho a Roma sta bene. Ha trovato un ambiente che non se lo aspettava, che all'inizio manco ci credeva che potesse arrivare, ma che poi si è legato a lui a doppio, triplo filo. Creando una simbiosi più unica che rara.
Parla di empatia José Mourinho. Quella stabilita pure dentro lo spogliatoio. L'empatia che ha stabilito con il club, coi dirigenti. Empatie che hanno resistito mesi e mesi. Famiglia, pardon, Familia. Con la F maiuscola e senza G. Detta alla Mourinho. Che però non è il tipo che si ferma quando firma un contratto. Pronto a onorarlo e con l'ambizione di arricchire il rapporto di lavoro, simbiotico ed empatico, con trofei e crescita. Ecco. Il trofeo è arrivato.
Ma la crescita? Si dibatterà per anni se finora, rispetto a Tirana, la Roma non abbia ancora fatto il salto di qualità per maggiori responsabilità sue, della proprietà, della dirigenza o dei calciatori. Molti dei quali per rendimento sono fermi al 25 maggio. Discorsi superati. Li abbiamo fatti, detti e scritti tre mesi fa. Quando tutti, ignari, si godevano ancora la luna di miele, lanciavamo allerte meteo, respingendo senza incassare invettive di chi, stolto, non prevedeva che si stesse avvicinando la perturbazione e continuava (beata inconsapevolezza) a godersi il cielo stellato. Eccola la perturbazione. Ora tutti si chiedono cosa stia accadendo. Si affidano ai corsivi dei giornali o alle interviste cercate con maestria giornalistica dalle testate e volute fortissimamente da chi le ha concesse.
Che succede? Succede, procediamo in modo asciutto e ordinato, che José Mourinho non ha mai pensato al doppio incarico. Mettiamo i puntini sulle i. Fantasia, romanzi, anche indotti da chi magari ha trovato utile che l'opinione pubblica, i giornalisti e parte della tifoseria, si mangiasse la bufala di Mourinho pronto a tenere i piedi in due staffe. Mourinho, lo ribadiamo, al doppio incarico non ha mai pensato. Troppo intelligente per non capire che nel calcio moderno non puoi allenare un club di livello che ti consuma praticamente tutte le ore del giorno, e allo stesso tempo seguire una cinquantina di calciatori arruolabili per la Nazionale che giocano sparsi in almeno sette campionati diversi. Impossibile. Impraticabile. Ma, soprattutto, mai stato nella testa e nelle volontà del tecnico portoghese.
E poi? E poi succede che Mourinho non si gira i pollici facendo l'estratto conto al bancomat o lucidando la coppa della Conference League. Quel trofeo è uno dei suoi vanti. Ma sta già pensando al prossimo. Ai prossimi. Vive così. Prendere o lasciare. La Roma lo ha preso. Ma ora lascia o raddoppia? Mourinho ti tiene sulla corda. Non perché gioca a fare la primadonna, ma perché ha bisogno di confrontare i programmi, di capire in che direzione stia andando il club in cui allena. Chi lo mette sotto contratto lo sa. Dove sta andando la Roma? Dopo la scure del fair play finanziario è impensabile andare avanti senza il fatidico confronto. Lo sarebbe anche se alla scadenza mancassero quattro anni.
Ebbene, il Portogallo ha cercato Mourinho? Certo che sì. Sarebbe stato folle se non lo avesse fatto. Va via Santos, il selezionatore, dopo una vita, se non cerchi Mourinho devono toglierti l'abilitazione a operare come presidente federale. Peccato però che Gomes, il presidente federale, in modo fantozziano presentando Roberto Martinez abbia detto che l'unico contatto concreto è stato stabilito col nuovo selezionatore. Mourinho invece ha detto le cose come stanno: il Portogallo lo ha cercato. E lui sa che il Portogallo ha un presente di livello e un futuro radioso. Lusingato, ha risposto, grazie, ma non vengo. Non posso. Che significa non posso? Voleva? Ma come? Non sta bene alla Roma? Certo, ma in una Roma con cui stabilire con unità di intenti i piani futuri. Quindi? Quindi magari Mourinho potrebbe avere sondato il terreno sapendo che la Roma era comunque a conoscenza delle avance del Portogallo. Vuole restare, vuole continuare a fare parte di un progetto di crescita. Si può fare o in caso di impossibilità della realizzazione degli intenti mi liberereste? Magari per andare a fare il commissario tecnico a casa mia?
La Roma non lo avrebbe liberato. E Mourinho non ha messo il broncio perché voleva andare a ogni costo nella Nazionale del suo Paese. Il broncio c'è. Ma per un altro motivo. E la parola chiave da questo momento in poi diventa "garanzie". Per il futuro. Per la crescita. Sui progetti. Sulla pianificazione. Mourinho le cerca, non le pretende ma è legittimato a conoscerle. E stavolta la risposta non è repentina e perentoria. Anzi, non arriva. Mourinho a metà gennaio non è il tipo che sta ancora smontando l'albero di Natale. A gennaio pensa già all'agosto successivo. Si nutre di futuro. E la Roma, che da oltre un anno va a braccetto con l'Uefa, che siede ai tavoli che contano, con Ceferin, con gli emiri, non può fregarsene degli accordi presi a Nyon. Non si sfugge alle regole. Quelle del nuovo fair play finanziario. E quelle del business internazionale perché Friedkin in fondo è un grande imprenditore. Perché in fondo Friedkin non sta in Italia soltanto per calare decine di milioni di euro ogni mese in quel pozzo di San Patrizio che è la Roma.
La conseguenza dei nuovi scenari? Che questa Roma rischia di non essere più quella materia da far plasmare a Mourinho a sua immagine e somiglianza. L'allenatore ora ha i cavi scoperti. Ha bisogno di sapere, ma probabilmente ha già intuito. Pinto parla per bocca della società, è il suo ruolo ma, con tutto il rispetto, uno come Mourinho di certi argomenti parla col proprietario. Ecco, anche, il perché della risposta nel post partita "io non commento le parole del direttore". Pure perché il direttore ripete in loop che la Roma deve fare i conti col fair play finanziario, che gli esuberi vanno via soltanto a titolo definitivo, che sarà difficile fare acquisti di livello. Insomma, cose arcinote.
Che c'è da commentare? Semmai c'è da ragionare sull'opportunità di ripeterle di continuo. Se queste sono le basi, i discorsi rischiano di finire prima di iniziare. Mourinho non fa i capricci, ma se non riesce a ottenere garanzie, vuole quantomeno chiarezza. Che finora non è arrivata. E ciò non lo rende sereno (eufemismo). La luna di miele è finita. Ma finisce in ogni matrimonio. Poi subentra la quotidianità, da alimentare anche voi progetti futuri. La storia tra Mourinho e la Roma dipende dai programmi. Dalle possibilità di alimentare le ambizioni. Dalle "garanzie". La parola chiave di inizio 2023. Il Portogallo è stato un grimaldello. Ricordate? Da ottobre dicevamo e scrivevamo "le lusinghe delle Nazionali o di club stranieri non sarebbero la causa, semmai la conseguenza".
Ecco, ora, buongiorno a tutti, forse sono riusciti a capirlo anche i più scettici e i meno informati. Se la Roma e Mourinho continueranno insieme, non dipenderà dalla cessione di Karsdorp, da Frattesi, dalle offerte presentate e poi negate dai presidenti federali. Questi argomenti sono minutaglie per chi si accontenta di guardare il dito invece che la luna. Il nodo è un altro. Ed è grande. Tanto grande.
In the box - @augustociardi75