Mutismo e rassegnazione

10/05/2022 alle 13:38.
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LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Anno 2022. Il calcio viaggia senza cinture di sicurezza. Muove miliardi di euro, l'importanza economica di una singola partita ha abbondantemente superato il valore sportivo della stessa, contano i soldi, si contano i soldi. Il calcio prova a vendere il suo professionismo e la sua (presunta) professionalità. Premi Uefa, soldi dei diritti TV, manovre fiscali che riguardano il pallone, sponsor, campionati per Nazioni che vengono assegnati ai Paesi ospitanti in base al rientro economico, si arriva persino a giocare i Mondiali in pieno inverno laddove invece fa caldo, per questione di soldi. Soldi. Tanti, almeno quanto i debiti, da pagare coi soldi, difficili da contare perché il calcio non dà certezze, e quelle poche certezze prova a tenersele strette per non rimanere strozzato. Calciatori professionisti, aziende nelle aziende, società holding che curano i minimi dettagli.

Viviamo gli anni dell'apparenza più che della sostanza. Viviamo gli anni dei social che abbattono persino i quotidiani, i periodici, anche i siti internet. Tutto verificato, pure gli account. Allenatori professionisti, calciatori professionisti, account gestiti da professionisti. Tutto all'ennesima potenza. Ostentato fino alla nausea.

Ed ecco la grande anomalia. Il vero scandalo. L'enorme vergogna. In un mondo iper professionistico, pieno di soldi e di debiti che si saldano coi soldi, c'è una componente, fondamentale, che è rimasta indietro di cinquant'anni. La classe arbitrale. Le hanno cambiato il colore delle casacche, le hanno regalato la moviola televisiva che hanno deliberatamente respinto come un corpo estraneo. Stop. Gli arbitri, di livello infimo, non parlano. Sono gli unici chiusi in un mutismo non più ammissibile. Immaginate questo scenario. Finisce la partita, condizionata da obbrobri arbitrali. O quantomeno da episodi contestati, contraddittori. Immaginate che a fine partita invece dei soliti teatrini, davanti alle telecamere si presentasse l'arbitro. Assieme ai due allenatori. Non per parlare coi vari Caressa, Pardo, Volpi, Lollobrigida, e conduttori vari. O per dibattere con ex calciatori, ex allenatori, ex arbitri, attori e cantanti. Ma per parlare, cinque minuti, con gli allenatori. Cinque minuti. Con tutte le immagini a disposizione.

Non si tornerebbe indietro, non si cancellerebbero gli errori, ma in primis apparirebbero umani invece che catapultati in campo da Plutone. E darebbero la loro versione dei fatti. Inammissibile che le società non lo pretendano. Indecente che si tolleri che il calcio sia in balia di una categoria, quella arbitrale, dilettantistica, che non si pianifichi il professionismo. Fa comodo ai club che rimanga in auge questa zona d'ombra in un calcio perennemente sotto i riflettori? La grande anomalia, l'enorme vergogna, ha ragione di esistere per volere degli stessi che poi demonizzano gli arbitri?

In the box - @augustociardi75