Le differenze col passato

24/04/2022 alle 11:37.
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LR24 (AUGUSTO CIARDI) -  Che ci sia differenza di valori fra Roma e lo sanno anche i bambini. Che ieri si sia constatato in modo netto è una semplice presa di coscienza. Che la sconfitta del Meazza non sia distruttiva come spesso è capitato, forse è da spiegare. Perché fino a due mesi fa sembrava che la Roma fra Pasqua e il 25 aprile dovesse essere l'agnello da sacrificare e spartire fra napoletani e interisti. Ma al destino ci si ribella lavorando sodo e affidandosi a chi sa come si lavora a certi livelli, per raggiungere determinati obiettivi.

Quindi a si doveva vincere, e non si è vinto per colpa dell'arbitro, mica del fantasma Osimhen o del gol di Insigne. E a Milano la sconfitta è arrivata, ma al termine di una partita in cui sono emerse differenze di valori ma non inadeguatezza della Roma. A inizio stagione, la squadra era da ricostruire mentalmente prima ancora che tecnicamente. Si chiudeva la mini era Fonseca, un bravo allenatore il cui percorso è stato reso impossibile da chi dentro Trigoria, per quattro anni, a cavallo fra vecchia e nuova proprietà, ha lasciato macerie, fra invidie, scarsa capacità, ripicche e imbarazzanti guerre di condominio. L'allenatore, usato e sbattuto fra mille correnti, ha tenuto botta in modo signorile, ma era all'interno del Club che veniva probabilmente da qualcuno considerato un coglione, perché spesso il male della Roma, negli ultimi decenni, avrebbero dovuto individuarlo dentro le mura di casa e non all'esterno. Acqua passata, per fortuna. Un anno fa di questi tempi, alla quintultima giornata, si perdeva due a zero in casa della Sampdoria, al termine di una partita patetica, l'ennesima di un campionato che si era trasformato in una via crucis.

La classifica era inguardabile. Roma a meno dieci dalla Lazio, a meno quattordici da Atalanta, Milan e , a meno dodici dal , che era quinto. Roma con due punti in più del che a fine campionato raggiunse i giallorossi, salvo pagare dazio alla differenza reti, grazie a un arbitraggio caritatevole che consentì alla Roma di evitare la beffa contro la "bestia nera" Spezia. A questo si era ridotta la piazza romana. A guardare con angoscia i risultati del pregando che non piazzasse lo sprint mortifero. Un'agonia. Non era una vergogna chiudere al settimo posto. Fu un'onta finire il campionato ad anni luce di distanza dalle posizioni più decorose.

C'era da fare piazza pulita, ma l'allenatore era l'ultimo dei problemi, per quanto andasse cambiato. È stato cambiato, ed è arrivato il meglio. C'è ancora qualcosa da fare dentro le mura di casa. Affinché finalmente ci sia totale discontinuità rispetto a un passato borioso, inadeguato e irrimediabilmente perdente, su cui va messa una pietra tombale definitiva.

Nel frattempo, anche all'indomani di una sconfitta in casa della squadra più forte del campionato, si percepisce che la stagione non porterà al tana libera tutti, ma a uno step successivo che, lavorando con criterio sul mercato, accorci ulteriormente le distanze rispetto a squadre ancora oggi più pronte e più complete. Si percepisce che finalmente, dopo tanti anni, non sarà necessario, in estate, ripetere come un maledetto mantra, che la Roma è all'anno zero.

In the box - @augustociardi75

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