I bambini, il cesso e le serie tv (e il Covid)

22/03/2022 alle 14:07.
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LR24 (AUGUSTO CIARDI) - "ammazza quanto sei daa Roma, due giorni dopo stai ancora svociato. Onore...". "grazie, ma non dovevi, è il covid, mi ha dato una pugnalata alla gola, ma funziona così la seconda stagione di omicron: aggressive". Derby in quarantena significa prendere il microscopio e analizzare tutto nel dettaglio, il tempo non manca, anzi.

Ti godi i video amatoriali che diventano virali e che certificano quanto i social, usati bene, prendano due giri di vantaggio rispetto ai media classici, per tempestività di intervento, e per estemporaneità che arriva a mostrare e far commentare da angolazioni non canoniche. E hai più tempo per valutare i cambiamenti che scaturiscono anche dal derby vinto in modo roboante. Ma soprattutto dall'avere in panchina uno diverso.

In Inghilterra da due giorni parlano di Abraham. Non perché rimarrà a Roma per la lombalgia (il lavoro di diplomazia ispirato a Mourinho e da Mourinho può fare la differenza anche in questo) ma perché Abraham è attaccante vero, forte, presente, che fa gol. Arrivato grazie all'allenatore. Maturo da aprire il dibattito: è soltanto leader tecnico per numeri che produce o in campo rappresenta già, dopo una manciata di mesi, un riferimento credibile per i compagni? Perché fra un gol e una gestualità accentuata, una caduta a terra che sembra far presagire la dipartita e una sbracciata, sta dimostrando di essere uno che suona la carica, da cercare quando il pallone scotta.

Un numero nove pagato poco più della metà del celebrato Osimhen, meno della metà del predestinato Vlahovic, che guadagna poco più della metà dell'eterno Ibra e che dà la sensazione di avere una caratura internazionale superiore all'implacabile Immobile. Tutto quello che serviva alla Roma per sostituire , che invece all' rischia di non servire per bissare lo scudetto. Il tempo è galantuomo ma pure cravattaro. Ti può dare ragione se sei nel giusto, ti chiede il conto con gli interessi se per esempio hai trentasei anni e la carta di identità ti tiene fuori a Liverpool, nella partita dell'anno. O non ti permette di fare la differenza nelle tante partite, dell', senza vittoria, che ti fanno allontanare dalla vetta.

Abraham, più Mourinho (più Rui Patricio). Il nuovo che piace e che incide. Più Zalewski. Leggenda metropolitana racconta che gli Zeman e i e i De Zerbi siano gli unici in grado di coniugare i verbi al futuro tenendo in considerazione il presente. Errore grossolano. Mourinho in sette mesi ha buttato dentro Felix, che deve crescere ancora tanto, e poi lanciato, gestito e affermato il giovane polacco, oltre alle chance concesse a Bove e Volpato. Patrimoni del club, laddove lo scouting ancora non porta stranieri da plusvalore, il portoghese punta sui bambini. Già. Perché la definizione "bambini" è tipica di Mourinho. Ma mica da quest'anno. Da sempre. Chi lo conosce da venti anni sa bene che tipo di considerazione lui abbia nei confronti dei ragazzi del vivaio. Che si coccola, fa crescere e, quando capisce che ne vale la pena, lancia. Certo poi nel o al Chelsea non puoi aspettarti che vadano in campo soltanto ragazzini, ma in un calcio che prevede fior fior di commentatori nazionali presuntuosi che sentenziano su basi inesistenti, diciamo le cose come stanno. Mourinho coi giovani ci sa fare.

Per esempio, e lo scrivo per esperienza diretta personale, il giorno successivo alla finale dei mondiali di Russia nel 2018, lui volò a Los Angeles per un primo ritiro dello United. E mi disse che andava coi "bambini', ed era entusiasta di farlo. Pensavo si riferisse ai figli, invece i bambini erano quelli del vivaio, perché i senatori avrebbero goduto delle vacanze post mondiali. Dettagli che nessuna serie TV, di quelle sul calcio che vanno di moda oggi, banali quanto basta, potrà evidenziare, perché le persone bisogna conoscerle a fondo, idem gli allenatori.

Troppo facile dire "Mourinho vuole solo i campioni'. Pigrizia. Ovvio che si trovi bene coi campioni, negli anni se li è guadagnati. E poi ditemi quale allenatore non vorrebbe allenarli. Forse pure Zeman, già, quello buono per ogni occasione perché abbiamo la presunzione che ognuno possa giudicare chiunque (alzi la mano chi non si è convinto della vittoria della Roma già da sabato mattina). Ma Mourinho ha dimostrato di saperci fare pure coi giovani. Però per molti è più facile parlare per luoghi comuni. E allora i giovani li lanciano soltanto i giochisti e l'unico calcio che va lodato è quello dei giochisti, tutti gli altri sono dei catenacciari miracolati. Spesso si confonde il coraggio delle opinioni con la banalità delle frasi fatte. A livello nazionale la parola bollito legata a Mourinho era diventata un must.

Zalewski, dunque. Più Abraham, più Rui Patricio. Più una solidità che da un paio di mesi, salvo rare eccezioni, caratterizza la Roma. Che ora, smettendo di fare gli olè, deve continuare a seguire il suo allenatore, pure quando va al cesso, per capire come si tira lo sciacquone nel modo giusto. Perché? Perché lui è un vincente, di quelli che possono cambiare la mentalità. Ma per capire questo non era necessario avere a disposizione più tempo imposto dalla quarantena. Tutto questo era già comprensibile all'atto del suo ingaggio. E comparando la sua storia a quella della Roma: il tutto da una parte, quasi il nulla dall'altra. E nessuno si senta offeso, è un dato di fatto. Si esulta per ciò che ha vinto in passato? Certo che no, sarebbe un atto di idolatria insensato, da oscurantismo mentale. Si parte dalle sue vittorie passate per arrivare alla semplice conclusione che uno così sappia indicare la via. Facile facile. Pure con la testa indolenzita dal covid.

In the box - @augustociardi75

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