LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Sette per novantacinque. Sette minuti che rappresentano al meglio la Roma nella storia del calcio. Con l'aggravante che il DNA della squadra non riesce a modificarlo neanche il più accreditato specialista mondiale.
Per Mourinho ci sono stati, in passato, calciatori che si sarebbero buttati nel fuoco, che si sarebbero sacrificati fisicamente gettandosi fra lui e un tir pronto a investirlo. I suoi attuali calciatori no, non per scarsa volontà. Non sarebbero in grado di riempire un secchio d'acqua per spegnere un principio di incendio e al massimo sul ciglio della strada sarebbero capaci di pigiare il tastino del verde a chiamata del semaforo. Anche per sue responsabilità.
A inizio stagione si parlava di spina dorsale che partiva da Rui Patricio, proseguiva con Mancini, prendeva forma con Pellegrini e Cristante terminando con Abraham. Mancini a parte, erano tutti in campo ieri sera contro la Juventus. Dopo cinque mesi constatiamo che manca il midollo. Di una squadra che non ha leader, capibranco. E a cui neanche Mourinho finora è riuscito a iniettare dosi di carattere.
Roma-Juventus la ricorderemo come l'ennesima partita monca. La archiviamo nel cassetto occupato dal primo tempo di Manchester in Europa League, e da tutti quei frammenti inutili della storia italiana e internazionale di una squadra che solo nella testa di chi la tifa e di chi la commenta è sempre piena zeppa di campioni. Perché a Roma ci si autoconvince che Ibanez valga trenta milioni, che Mkhitaryan sia un fuoriclasse che generosamente rifiuta i top club per insegnare calcio nella capitale, che sia uno scandalo non portare agli Europei Mancini, che dopo tre mesi Villar sia un mix fra Iniesta e Pirlo, che in passato la squadra abbia annoverato i più grandi calciatori di sempre. Cazzate.
La Roma in Italia conta da sempre, al pari del Napoli, poco più della Fiorentina, molto meno delle milanesi e della Juventus. Anche a livello di peso specifico politico, perché pure contro la Juventus nel silenzio oramai colpevole del club c'è stato un obbrobrio arbitrale spazzato via soltanto dal finale choc del match, che fa spegnere ogni giudizio su Massa.
Quest'anno però c'è Mourinho, e le aspettative sono in proporzione aumentate. Anche perché con tutte le lacune evidenti la squadra non può perdere la metà delle partite giocate. C'è anche lui in quei sette minuti. C'è sempre, nel bene ma anche nel male, perché una squadra se perde praticamente la metà delle partite non sta crescendo, sta facendo constatare la sua pochezza. Tre anni di progetto tecnico, almeno per il campionato di Serie A il primo anno rischia di essere già buttato.
A breve tornano le coppe che rappresentano una grande opportunità ma a patto che la data di ieri funga da spartiacque. Dall'esterno le valutazioni non incidono in modo determinante. Conta che dentro la Roma si divida in due la lavagna e si determini come impostare il futuro. Un po' come quando la scorsa estate si prese la decisione di lasciare a casa un plotoncino di calciatori ritenuti non adeguati al progetto tecnico. L'importante è svalutare le plusvalenze che solo nella nostra testa ci portano a sopravvalutare, da sempre, i calciatori della Roma.
In the box - @augustociardi75