La fabbrica di stuzzicadenti

03/05/2021 alle 13:24.
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LR24 (AUGUSTO CIARDI) Silenzio, perde la Roma. Se esistessero bookmakers fantasiosi, ci si arricchirebbe puntando forte sulla Roma "no words" a fine partita, quando le partite la Roma le perde. Silenzio assoluto, tombale. Da anni. Almeno dieci. Troppi. Inammissibile. La più grossa reiterazione di strategia fallimentare legata al calcio al tempo dei media, delle urla e delle lamentele pubbliche. "i nordamericani sono fatti così" si narra. Sarà, ma sta di fatto che i nordamericani possono fare la voce grossa nei "loro" sport, quelli concepiti con la "loro" mentalità e vissuti secondo le "loro" tradizioni. Il calcio è roba europea, roba latina, materia passionale che solcando gli oceani ha trovato casa in America, ma in quella del Sud. Non a caso nordamericani e asiatici hanno "copiato" e mai del tutto assimilato, non aggiungendo tanto in oltre cento anni di pratica.

Quindi, a meno che il nordamericano non abbia forza, mezzi e soldi per sparigliare, dettando legge, sarà sempre opportuno che sia lui ad adeguarsi a usi e costumi che decide di sposare e mai viceversa. La Roma non ha mai mostrato l'ugola davanti alle telecamere quando c'era da riprendere per i capelli la stagione. O quando c'era da battere i pugni sul tavolo in caso di obbrobri arbitrali. Lo hanno chiamato basso profilo, low profile, ne hanno fatto un vanto di nicchia, quelle cose che se non ti piacciono vieni spedito tra i bifolchi che non meritano spiegazioni.

Si narra che tale scelta radical chic nacque col Franco Baldini, che come molti ex rivoluzionari da guerriglia si sono ingentiliti dopo avere provato l'ebbrezza dell'attico col salotto buono nel cuore del quartiere bene. Baldini ogni tanto parlava dopo le partite della prima Roma americana. "non dobbiamo fare caso alle sconfitte o alle vittorie, conta il percorso". Così amava stupire gli astanti dopo rovinose cadute contro il Lecce di Cosmi o l'Atalanta di Colantuono, che più di lui avevano a cuore la Roma frenando le rispettive squadre affinché non infierissero.

Un po' come Solskjaer, che è stato più romanista dei romanisti stipendiati da Friedkin nell'ammettere che il rigore per il suo United non c'era. Gli avversari che accarezzano la testa della Roma orfana oramai di un'identità tattica, e da un decennio orfana di genitori in grado di strigliarla a dovere quando commette errori grossolani. Inevitabile la crescita problematica se ci si deve affidare al buonsenso di ragazzini ben pagati che non sentono la pressione di chi li paga o di allenatori che perdono sistematicamente la bussola tattica, le chiavi dello spogliatoio e la capacità di scuotere il gruppo.

Il calcio sarà pure diventato un'azienda, ma sempre azienda atipica rimarrà. Se una fabbrica che produce stuzzicadenti perde quota perché gli stecchini in legno sono storti o poco appuntiti, fermerà la produzione e comprerà macchinari di precisione migliori. Nell'azienda calcio non puoi fermare la produzione stagionale, e molto spesso non puoi spendere soldi per macchinari migliori. A volte ti basta smadonnare davanti alle macchine umane per farle funzionare un po' meglio, per riavviarle. Il dannato gioco del silenzio, da oltre dieci anni, vede la Roma perdente.

Non basta stare in tribuna con le mascherine col vecchio stemma per vincere le partite, nonostante molti ingenui pensassero il contrario. E laddove scarseggiano i soldi, serve la voce del padrone per scuotere l'ambiente. E per rivendicare diritti quando quello stesso dannato gioco del silenzio si traduce mediaticamente nello schiaffo del soldato, laddove lo schiaffo se lo becca sempre la Roma, dagli arbitri, dai salotti televisivi, e dagli avversari. Tranne che da quelli di buon cuore. Chi lo avrebbe mai detto che a perorare la causa della Roma, a causa del colpevole silenzio della Roma, sarebbe stato Solskjaer, quello dei volantini stampati prima della trasferta di Manchester?

In the box - @augustociardi