LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Tre portieri, uno infortunato l'altro con una manciata di presenze, un altro ancora di ritorno ma con le valigie sull'uscio. Cinque difensori centrali, a tratti irriconoscibili. Quattro esterni bassi dal rendimento alterno o sorprendente. L'analisi dei reparti della Roma, se dovesse seguire il rendimento degli ultimi tre mesi, ci porterebbe in analisi. Provando a essere lucidi e distaccati, proviamo a riflettere sui tre blocchi della squadra. Difesa, portieri compresi, centrocampo e attacco.
In porta, tanti saluti a Mirante, contratto scaduto, nessun rimpianto, in bocca al lupo. Quindi Pau Lopez, per alcuni mesi valido estremo difensore, poi caduto in disgrazia, poi in parte riabilitato fra i pali, ma guai a cercare serenità quando la palla era fra i suoi piedi, lui che sembrava essere stato scelto proprio per la costruzione dal basso. Out tre mesi, guaio alla spalla, tanto per sgomberare i dubbi sulla sua titolarità nel 2021-22. La Roma cerca un portiere, perché Fuzato, dignitoso protagonista nel finale di campionato, dà la sensazione di potere essere, per ora, un affidabile vice. Mentre Olsen dovrebbe salutare di nuovo. Serve il titolare. Fra la suggestione Donnarumma e gli "italiani" Musso, Cragno e Gollini, la Roma si orienterebbe su guardiano che gioca oltreconfine. Le associazioni di idee, e non solo, portano a Rui Patricio, della galassia Jorge Mendes. La Roma ha tentato l'inserimento per Maignan, ma l'accordo col Milan era blindato. Per paradosso, molto dipenderà dalla destinazione proprio di Donnarumma. Su cui ci sarebbe ancora la Juventus, che a quel punto avrebbe uno Szczesny di troppo. Anche se di troppo per la Roma ci sarebbe uno stipendio da oltre sei milioni di euro a stagione.
In difesa, alzi la mano chi nove mesi fa pensava che la Roma fosse messa male. Mancini più la rivelazione Ibanez, più l'innesto del giovane Kumbulla on fire, più il ritorno di Smalling. Senza dovere menzionare Fazio, oggi più di ieri esubero. Una porzione di stagione per azzerare tutto, oggi i difensori della Roma sembrano dei brocchi. Ma così non è. Mancini è una probabilissima colonna. Kumbulla ha avuto il sacrosanto diritto di sbagliare delle partite in una stagione per lui tormentata da infortuni e Covid. L'ultimo Ibanez è sembrato più Trotta che un predestinato. E poi Smalling. L'unico che ha lavorato con Mourinho, nella fase in cui l'inglese iniziava a vivere non il migliore momento nello United. Per lui, innanzitutto la speranza di mettersi alle spalle i guai fisici che lo hanno massacrato. Fra le mille voci di mercato, anche quelle su un nuovo centrale. Da Ake a Boateng: molto dipenderà proprio da Smalling, dalla sua permanenza.
Sulle fasce, fin quando Spinazzola è stato bene, la Roma, seppur corta nelle alternative, ha avuto buonissime garanzie. Karsdorp una delle poche note liete stagionali. In quei due ruoli non servono titolari. Poi ci sono, salutato Bruno Peres, Santon e Calafiori. L'ex Bambino di Mourinho, che ai tempi dell'Inter faceva di ruolo il predestinato, continua fare i conti con stop mortificanti. Calafiori avrebbe bisogno di una benedizione che funzioni. C'è Florenzi che non sarà riscattato dal Paris Saint-Germain, ma che a Roma dovrebbe essere di passaggio, potendo ancora fruttare una discreta plusvalenza. Che magari servirà alla Roma per un laterale in grado di giocare su entrambe le fasce. Si fanno pochi nomi di terzini. Strano che non sia ancora stato nominato Azpilicueta, colonna del Chelsea. Lo spagnolo e Mourinho si amano, l'allenatore della Roma (fa ancora effetto dire e scrivere "l'allenatore della Roma" riferendoci a Mourinho) di recente ha detto che con undici Azpilicueta una squadra vincerebbe tutto.
In the box - @augustociardi