LAROMA24.IT (MIRKO BUSSI) – E’ di un altro pianeta, Pedro. Deve aver sbagliato posto. Arriva e parla di vincere, Pedro. Lo fa a Roma, Pedrito, che poi cosa conceda l’azzardo di diminuirlo in nomignolo uno che ha vinto 25, dica venticinque, trofei è mistero insopportabile. A Roma, Pedro, dove ancora si perde a tavolino. Ha più titoli Pedro che la Roma tutta. Pedro, anni 33, e la Roma, 93 portati splendidamente nonostante gli ultimi malanni. Pedro, invece, che avrebbe anche diritto a svernare già smania. Dice “buongiorno” e “grazie”. Poi usa lo spagnolo come un vomere per solcare la differenza tra noi e lui, o quelli come lui. Perché sei finito qui, viene da chiedersi. Ma non li leggi i giornali? E glielo chiedono. “Dobbiamo creare questa mentalità forte, di andare avanti partita per partita, e raggiungere l'obiettivo minimo di arrivare tra le prime 3-4”. Minimo, dice Pedro, in faccia a chi lo sbandiererebbe come massimo.
Parla di Juventus, Pedro Rodriguez da Santa Cruz de Tenerife, quando qua ci si domanda se Fonseca, che ai tempi migliori usava “ambizione” come intercalare, sopravviverà alla ciclica tempesta romana. Carbonara o amatriciana, Pedro? “Il nostro obiettivo deve essere ambire al massimo, cercare di vincere il campionato e l'Europa League, questo credo debba essere l'obiettivo”. Obiettivo. Davanti a chi fatica a tirare a campare. Gli chiedono della finale di Champions del 2009 vinta a Roma, col Barcellona. Qui dove una semifinale, che nel frattempo è diventata di due anni e mezzo fa, provoca ancora gli occhi lucidi. Pedro sorride ma la scansa, ricorda che sì c’era ma per un minuto, sterzando sul tema Olimpico che ora sarà casa sua. Per un minuto di Pedro, noi tracotanti del nulla saremmo sazi a vita.
I monumenti di Roma, certo. Come offrire il giro di amari con la carta del papi. Bella Roma, eh Pedro? Pedro ringrazia, chissà che pensa di noi, e offre carta e penna a chi lo ascolta: “Se si inizia una stagione dicendo che l'obiettivo è il 4° posto, poi si rischia di arrivare al 6°-8° posto”. E chissà quanti, ora, avranno dovuto rimetter mano ai discorsi pre-stampati di inizio stagione.
Insegnaci, Pedro, sgridaci, mettici dietro la lavagna, puniscici, frustaci se necessario. Ha look da Fienga e nessun tatuaggio da mostrare, Pedro ha tutto dentro e alcun bisogno di camuffarsi esteriormente. “Uno dei compiti che gli abbiamo affidato non è quello di fare bene in campo ma di insegnare a tutta la squadra, tutta la società, quei valori che l'hanno portato a grandi successi” dice proprio Fienga, il vero. A squadra e società.
PS: Alla fine, va ricordato, il marziano di Flaiano finì sepolto nell’indifferenza di quella “povera e grande Roma”. Trovane uno, e uno solo, che t’ascolti e capisca, Pedro.
@MirkoBussi - In The Box