LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Oltre a Chiellini e Andrea Agnelli, è l'unico ad avere vinto tutti e nove gli scudetti consecutivi della Juventus. Fabio Paratici dietro la scrivania si è tolto quelle soddisfazioni che il calcio gli aveva negato durante la sua onesta carriera da esterno basso, lui che fu capitano del Piacenza Primavera in cui muoveva i primi passi Filippo Inzaghi. Nel 2010 va alla Juventus assieme a Giuseppe Marotta, di cui è stato per anni il fedele scudiero anche nella Sampdoria, come capo scout, negli anni in cui i blucerchiati ottennero una qualificazione ai playoff di Champions League e trofei con le squadre del settore giovanile. Dirigente capace di stare al suo posto, sempre disponibile con chi lo contatta per avere interviste o informazioni, non ha mai rubato la scena ai più alti in grado, non scavalcando mai la linea comunicativa del club.
Andrea Agnelli lo ha promosso Chief football officer dopo l'addio del suo storico partner. Con gli anni ha saputo costruirsi una rete di rapporti che lo portano oggi a essere uno dei dirigenti più in vista non soltanto in Italia. Da Tevez a Cristiano Ronaldo fino a De Ligt, grazie ai buoni uffici coi supermanager stranieri Joorabchian, Mendes e Raiola: tre delle più grandi operazioni della Juventus portano la sua firma in calce. Protagonista assoluto dell'acquisto del numero sette più famoso al mondo, portato a Torino grazie ai soldi del club ma anche grazie alla sua opera più di sfinimento che di convincimento nei confronti di Jorge Mendes. L'apice della carriera di Paratici, che molto più di Marotta credeva in quella mastodontica operazione. In quelle settimane crebbe la considerazione nei suoi confronti del presidente della Juventus.
Estate 2018, l'alba della fine dell'idillio con Marotta. Rapporti ottimi con la Roma di Fienga, con il Genoa e con l'Udinese, con la Fiorentina. Ha scalato la Juventus, nonostante le contraddittorie operazioni di mercato della scorsa estate, e la scelta di Maurizio Sarri per il dopo Allegri, abbiano aperto qualche crepa sotto i suoi piedi. La Juventus, che conta fra dipendenti e collaboratori uno staff di oltre 500 persone, dopo l'addio nel 2018 a Marotta e Mazzia, ha deciso di fare a meno della figura dell'amministratore delegato, allargando la sfera delle competenze di Paratici, che lavora con Federico Cherubini, uno dei tre dirigenti (il terzo è Nedved) ringraziati da Agnelli subito dopo l'eliminazione per mano del Lione in Champions League. Ma nel calcio ciò che oggi sembra una certezza, domani lo è al contrario.
E, allora, dopo dieci anni si inizia a mettere in discussione il futuro a Torino del responsabile dell'area sportiva. Che è sceso dal carro Sarri prima che saltasse in aria (non come fece Monchi che quasi per ripicca nei confronti di Pallotta non "sopravvisse" all'esonero di Di Francesco), ma a cui vengono rinfacciate le operazioni (e le commissioni) Rabiot e Ramsey, oltre che la cifra spesa per De Ligt. Un rapporto che scricchiola dopo tanti anni, non comporta però un crollo dell'immagine. Fabio Paratici, a cui forse non ha giovato la doverosa sovraesposizione mediatica degli ultimi venti mesi (da dirigente "muto" è diventato di colpo il frontman di Madama), ha molti estimatori all'estero, in particolare al Manchester United e al Paris Saint-Germain. Il suo modo di lavorare piace a Florentino Perez, per non parlare del rapporto instaurato con Jorge Mendes. E piace alla Roma, grazie anche agli ottimi rapporti con Guido Fienga, che rappresenterà la continuità della precedente gestione nella Roma di Friedkin.
In the box - @augustociardi75