Sotto il vestito niente

18/02/2020 alle 23:09.
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LR24 (AUGUSTO CIARDI) - “Ci son cascato di nuovo” sembra l'attacco di un coro dei tifosi della Roma, quelli che pure stavolta hanno creduto, non per assunzione di allucinogeni, che dietro l’abito ci fosse il monaco, che esistesse sostanza oltre alla forma, che sotto il vestito ci fosse qualcosa. Non ci si aspettava una Roma in corsa per lo scudetto, si credeva a una squadra che continuasse a onorare gli impegni presi all'alba dell’ennesimo anno zero. Poi, quando stava per convincere tutti della bontà dei suoi intenti, la Roma è diventata, o meglio è tornata a essere, un caso da Chi l’ha visto? Cosa resta? Un’impresa da fare se si vuole tornare in Champions League, e la sensazione che non si stia sfruttando appieno un potenziale comunque esistente.

Giochiamo coi numeri. Di solito i tesserati usano le differenze di fatturato e di monte ingaggi per giustificare sconfitte o ritardi in classifica. A Roma si verifica il fenomeno opposto. Il fatturato varia a seconda della partecipazione o meno in Champions League, ma la Roma negli ultimi anni è stata stabilmente fra le prime 20 società europee per ricavi. C'è una classifica che può risultare indicativa sulle aspettative che si creano sulle squadre. La classifica degli ingaggi della Serie A, premettendo che trattasi di cifre verosimili, non vigendo la regola di pubblicare obbligatoriamente l’entità degli emolumenti dei calciatori. Scadiamo nel populismo, a qualcosa ci si deve pure aggrappare per giustificare le speranze riposte nella squadra non solo in estate, ma fino a due mesi fa. Togliamo di mezzo la solita Juventus, 294 milioni di euro lordi in stipendi. Al secondo posto c’è l’Inter, salita a 139 milioni di euro, senza contare i sei mesi di paga dei neo acquisti Eriksen, Young e Moses. Terza, non in campionato ma nel torneo degli ingaggi, la Roma. 125 milioni di euro per gli stipendi dei suoi portieri, difensori, centrocampisti e attaccanti. Dieci milioni più del Milan. Manca qualcuno nelle zone nobili di questa classifica? La Lazio, che paga 72 milioni di euro di stipendi, e l’Atalanta, 36 milioni di euro, tredicesima in graduatoria, 1 milione di euro in più di quanto spende il Sassuolo, soltanto 5 milioni in più della Spal. Lazio e Atalanta, insieme, pagano meno soldi di quanto la Roma spende in emolumenti.

Non tutto si spiega coi soldi, ma ci si può chiedere: è ancora possibile competere coi bergamaschi o ci si deve arrendere al fatto che l’Atalanta sia oramai fuori portata al punto che se si perde a Bergamo onorevolmente ci si debba essere soddisfatti? È necessario scendere sul beffardo per sottolineare che Gosens guadagna circa 300 mila euro a stagione? Ossia un decimo di quanto costano alla Roma alcuni esterni pariruolo del nerazzurro? O che Zapata e Gomez, gli atalantini più ricchi, guadagnano 1,8 milioni di euro l’anno?

Se il club giallorosso ha commesso errori, e ne ha commessi tanti, depenniamo quello basato sul falso storico dei soldi non spesi. Sostituendolo semmai con l’errore, presente o passato oppure presente e passato, nello spenderli male. O nel gestire male calciatori profumatamente pagati. Se riduciamo sempre tutto al famoso “problema di testa” (copyright dell’assoallenatori), rischiamo di parlare del nulla, anche perché sulla testa non ci capisce niente nessuno. I numeri legati alle spese possono, probabilmente, delineare un quadro più definito. La Roma che guarda con ammirazione, reverenza e invidia l’inarrivabile, irresistibile Atalanta, costa infinitamente di più. Mistero della fede.

In the box - @augustociardi

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