LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Difendere, preservare, tutelare e supportare l'allenatore. E chi se ne frega se prima di lui la Roma aveva chiesto la disponibilità a Conte, Gasperini, Mihajlovic e De Zerbi. Può capitare di trovare la compagna della vita dopo avere corteggiato, flirtato e magari detto ti amo a tre donne diverse. Il calcio, soprattutto quello moderno, non prevede amori eterni, ma quando si trova quello giusto, si deve viaggiare con lui, fare in modo che il percorso da condividere non lasci rimpianti, non preveda una cadenza di passi differente. Paulo Fonseca è diverso. Che sia migliore o peggiore, lo dirà il tempo. Che sia un predestinato che fra qualche anno finirà su una panchina più nobile, lo dirà il tempo. Ma è diverso. Fonseca non piange, perché non cerca alibi. Molti suoi colleghi davanti a un numero di infortuni da bollettino di guerra, avrebbero inondato le sale stampa e le zone miste di lacrime. Fonseca dopo cinque mesi di accanimento del fato ostile si è permesso di definirsi preoccupato. Soltanto per rafforzare pubblicamente la sua richiesta di forze nuove per implementare l'organico ridotto all'osso. Fonseca è diverso. Studia e rispetta l’avversario al punto da modificare, senza snaturare l'essenza, l'assetto della sua squadra. Perché Fonseca non insegue la celebrazione dell'ego e dei suoi intendimenti calcistici. Il suo obiettivo è l’affermazione della Roma. Il bene comune. Il fine principale e unico.
Fonseca è diverso e anche per questo va tutelato e supportato. A cominciare dal club. Perché il momento cruciale coincide col momento di massima difficoltà. I migliori uomini per rendimento hanno alzato bandiera bianca. Maledetti legamenti e menischi. C’è bisogno di nuovi calciatori ma la Roma non ha i mezzi, a gennaio, per comprare cartellini. Fonseca lo sa, e attende da Petrachi calciatori in prestito, anche molto giovani, per ripristinare quantomeno un numero decente di effettivi. Un punto che potevano essere tre contro la squadra più in forma e più celebrata della Serie A. Una partita da scelte tutt'altro che facili, come l'esclusione del totem Kolarov. Due sostituzioni che, per assenza di uomini, gli fanno chiamare in causa due calciatori che passano più tempo in infermeria che ad allenarsi, Pastore e Perotti. Un lavoro psicologico encomiabile portato avanti coi ragazzi poco avvezzi al sacrificio di squadra, Kluivert e Under. Con risultati quasi commoventi. Non sarà facile tenere a bada l'Atalanta, che quando è in giornata, quattro volte su cinque, è un rullo compressore. Non è dato sapere dove arriverà la Roma in Europa League. Ma una certezza c’è. La Roma ha ingaggiato un allenatore vero. Bravo. Ambizioso. Per nulla egocentrico. In attesa del ritorno di Zaniolo, della consacrazione di Pellegrini e Mancini, della continuità di Under e Kluivert, il vero patrimonio della Roma si chiama Paulo Fonseca. Quello arrivato dopo i no e le titubanze di Conte, Gasperini, Mihajlovic e De Zerbi.
In the box - @augustociardi