LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Dieci su dieci. La Roma in casa della Juventus è la cosa peggiore che possa capitare. A chi continua a parlare delle squadre di provincia che davanti alla Juventus si scansano e non mandano in campo la squadra migliore sapendo che verranno sconfitte, diamo una notizia: è la Roma che mentalmente si scansa, che parte battuta, che viene sconfitta durante il viaggio di andata, prigioniera di un complesso di inferiorità inaccettabile. Otto sconfitte su otto in campionato. Due su due in Coppa Italia. Umiliante.
L’ultima perla, identica alla recente sconfitta in campionato: la Roma ha dato la sensazione di essere una squadra decorosa soltanto quando la Juventus si è fermata. Basta con la Coppa Italia. Ha vinto chi la considera un orpello da sacrificare sull’altare dei piazzamenti, sfregiando la storia della Roma che in ottant’anni aveva fatto della Coppa Italia un motivo di vanto. Inutile iscriversi ancora al torneo. Si infranga il regolamento, in barba alla mitologica clausola compromissoria, non ci si presenti in campo. Almeno si eviterà di perdere Diawara per la partita di campionato successiva. Già, il derby. Sarà un’altra Roma. Perché così vuole il club. Il club che è il grande colpevole dei disastri in Coppa Italia, perché ha addosso il peccato mortale e imperdonabile di non saper trasmettere responsabilità ai calciatori, per scarsa empatia e inesistente personalità calcistica di chi negli anni lo ha rappresentato.
Le partite di campionato servono per il piazzamento. Quelle di Coppa Italia non servono a niente. Soltanto i patetici nostalgici ancora sognano di festeggiare questa inutile coppa. È il calcio moderno, che volete? Lo dice pure il presidente del Milan: meglio quattro anni di piazzamenti che uno scudetto. Poveri stupidi Cristiano Ronaldo e Higuain, che da soli hanno il doppio dei trofei della Roma e in Coppa Italia mettono in campo l’impegno tipico dei debuttanti che vogliono dimostrare ai propri allenatori di essere utili, di esistere. La Roma mette invece in campo Kalinic che per grinta fa rimpiangere Schick. Poveri scemi coloro che urlavano alla luna che alla Roma servisse un vice Dzeko all’altezza.
E che dire dei terzini? Nulla, che parlino loro. Florenzi capitano a fine partita magari proporrà la specialità della casa (“ora testa al campionato”); Kolarov forse partorirà nuove critiche ai tifosi. Basta così. Ci si aspettava reazione, cambio di rotta, spessore, amor proprio. Zero. Il nulla. Servito sottoforma di involuzione di Kluivert e Under, mollezza preoccupante di Pellegrini e Cristante. Di Kalinic si è già scritto. A oggi, per rendimento, bisogna tornare a Paolo Poggi per ricordare tale impalpabilità, sciatteria, noncuranza. E mentre ci si ricorda che in mediana la Roma è in costante emergenza, e che in attacco oltre a Dzeko c’è il nulla, sono stati buttati venti giorni dietro a Politano, manco fosse la reincarnazione di Robben.
Ma per fortuna in Coppa Italia non si giocherà più. Eliminato il fastidio. Fonseca si aggiunge agli allenatori dell’ultimo decennio sbattuti fuori a pedate dalla competizione. Che perde uno dei pochi ammiratori rimasti. Mi perdonerete ora l’uso della prima persona: addio Coppa Italia. Addio cara, vecchia, snobbata, svilita, annientata, vilipesa Coppa Italia. Ti ho bramato per anni, ti ho difeso dagli insulti, ma ora mi arrendo. Da ieri, non esisti più. Smetto di sognarti. Di volerti. Perché la Roma non ti vuole. Ti considera un fastidio. Addio amore mio. Il calcio moderno ti ha tumulato. Per la Roma sei un intralcio. Per me rimarrai una ferita. Il sale sulla ferita saranno i ricordi di Tancredi che con te si consacrava parando rigori, i ricordi dei gol al Verona e alla Sampdoria che ci rinfrancavano dopo Liverpool e Lecce, di Flora Viola che ti alzava in cielo mostrandoti al marito che era volato via per sempre, della banda di Spalletti che ci aveva preso gusto a vincerti.
Addio Coppa Italia. A mai più.
In the box - @augustociardi