LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Guardi il Napoli che vince quattro a uno e pensi che in fondo poteva fartene di più.
Guardi la partita più attentamente e ti chiedi come facciano gli altri a correre il quadruplo.
Ripensi al giorno del raduno, alle dichiarazioni dell’ex allenatore e dell’ex direttore sportivo e ti chiedi a cosa stessero pensando quando parlavano di vantaggi derivati dal radunarsi presto, con il novanta per cento degli effettivi già a disposizione, e coi nuovi che arrivavano un giorno dopo l’altro, entro luglio.
Constati che mancano nove partite ma invece di sperare nella rimonta ti senti terrorizzato.
Leggi le parole del presidente dopo l’ennesima sconfitta e ti chiedi se sei tornato nei meravigliosi anni ottanta e novanta, quando il presidente del Monopoli se la prendeva, con espressioni colorite, oggi con i suoi calciatori, domani con gli arbitri.
Provi a immaginare la reazione dei calciatori alle parole del presidente, e ti sale lo sconforto. Chi si può sentire intimorito da dichiarazioni rilasciate tramite Twitter? O chi poteva “tremare” nei mesi scorsi sapendo che il capo dirigente tecnico, teoricamente delegato a rappresentare il club anche nelle reprimende, era da tempo dimissionario?
Butti lo sguardo in tribuna autorità e ti chiedi senza risposta chi tirerà fuori la squadra dal burrone.
Imposti Google Maps sul Sudafrica e sull’Inghilterra cercando di capire se soggiorni lì la soluzione, e pensi che forse è il caso di impostare stavolta il tuo navigatore verso la Nuova Zelanda, ma per emigrare.
Cerchi negli sguardi dei calciatori un motivo che ti dia speranza, e pensi che in fondo, mercoledì sera, durante Roma-Fiorentina puoi sempre buttarti su 'Chi l’ha Visto?'. Sperando che non facciano uno speciale proprio sulla Roma.
Leggi voci sui candidati al ruolo di direttore sportivo e ti scosti dalla massa che crede ancora che un Petrachi o un Faggiano possano fare la differenza.
Vedi Pastore fare lavoro differenziato e ti chiedi perché. Non perché faccia differenziato, ma proprio “Pastore, perché?”.
Ricordi la preoccupazione estiva per una mediana che veniva, con vanto ostentato, costruita e immaginata in campo senza interditori e ti chiedi come si sia potuto proseguire così tanti mesi con chi ha commesso il più grosso errore di presunzione calcistica che si possa commettere.
Conti il numero delle sconfitte in stagione e te le spieghi, purtroppo, senza giustificarli, con calciatori che si sentono di passaggio, senza nessuno che li richiami mai all’ordine, senza nessuno che inculchi un misto di timore nei confronti dell’autorevolezza societaria e rispetto per il club che paga e i tifosi che pagano, che fissi nelle menti l’importanza della vittoria, che insegni loro che la sconfitta reiterata è un’onta, una vergogna, e che se arriva la sconfitta non deve mai trasformarsi in umiliazione, perché ne va del decoro dei colori sociali, e che la partita successiva alla sconfitta non deve ammettere risultati diversi dalla vittoria. E che non esistono percorsi calcisticamente bucolici nel calcio, ma programmi pragmatici, lontani da filosofie naïf per non dire deliranti, e che nel calcio tutto ciò che è diverso dal risultato, appartiene al contorno, se non al superfluo, se non al deleterio.
Ti chiedi che ne sarà di noi. E ti fai il segno della croce anche se non sei credente.
In the box - @augustociardi