LR24 (AUGUSTO CIARDI) - Prima il cavallo, poi la sella. Soltanto dopo avere scoperto il nome del nuovo allenatore della Roma si schiariranno gli orizzonti sulla prima linea della prossima stagione. Perché se è vero che la squadra avrà bisogno di rinforzi nel cuore della difesa e a centrocampo, e probabilmente anche sugli esterni di difesa, la vera impresa dell’estate sarà trovare il numero nove. Negli occhi abbiamo Dzeko versione fastidio. Quello che segna poco, smania, è insofferente coi compagni, litiga con gli arbitri e con gli avversari. E molti pensano che meglio di questo Dzeko farebbero anche Pavoletti e Inglese. Poi basta guardare aldilà del proprio naso e si scopre invece che l’eventuale sostituzione del bosniaco sarà la cosa più difficile al mondo. Eventuale perché esiste la possibilità che il nuovo allenatore rappresenti uno stimolo per i calciatori apatici di questa stagione tribolata.
Arriva il top manager, parla col club, parla col giocatore, e il trentatreenne fisicamente integro torna il mortifero bomber dello scorso anno e di due anni fa, il trascinatore, il leader del gruppo. Esiste anche l’ipotesi azzardata che il nuovo allenatore sia convinto che l’erede di Dzeko ci sia già. Perché il deludente Schick, troppo brutto per essere vero, al terzo tentativo giustificherà i quarantadue milioni di euro spesi due anni fa. Tosta.
Verosimile il doversi ingegnare per non fare rimpiangere il bosniaco. Arrivato per poco più di quindici milioni di euro, non fu la controtendenza nella politica societaria. Perché c’è l’investimento su calciatori giovani che poi saranno plusvalenze, ma tale metodo può convivere con l’investimento sul calciatore stagionato che poi diventa decisivo nel centrare obiettivi sportivi e quindi economici che ti fanno rientrare della spesa. Dzeko, appunto. Esiste un calciatore di livello che gioca in club di livello che rischia di non essere più al livello di considerazione che il suo allenatore dedica ai compagni di reparto? Ti viene in mente forse Cavani, pensi al limite a Benzema, non arrivi a sognare Lewandowski. Sono tuttora titolari a Parigi, Madrid e Monaco di Baviera, guadagnano cifre inavvicinabili, nettamente superiori a quelle che Dzeko guadagnava quando la Roma lo prelevò dal Manchester City. Fuori target.
Allora pensi al giovane che ti diventa craque. Ciò che finora non è stato Schick. Ipotizzi una spesa di una quarantina di milioni di euro. Sapendo di correre un rischio non indifferente. Se va male, se serve tempo, se i tempi diventano biblici, rischi lo Schick-bis. Il City, che può sperperare, prese il più forte in Sudamerica, Gabriel Jesus. Ma aveva in squadra, fra i tanti, Aguero. Che ti fa crescere senza assilli. E Gabriel Jesus, straordinario fromboliere, ancora è alla ricerca di quella stabilità di personalità che ti fa entrare nel club dei super player. Immagini Jovic ma sai che la sua valutazione oggi te lo rende fuori portata, guardi il tuo carnefice Marega e ti convinci che la sua può essere una parabola che non troverà seguito, ragioni su Belotti ma sai che il paragone con Dzeko può essere impietoso. Vanno di moda Benedetto e Werner ma non ti convincono fino in fondo. Ti propongono Higuain ma rispondi che non siamo nel duemilaquindici. Mamma mia.
Pensi che forse la soluzione migliore sia ricominciare con Dzeko e magari dare un’ultima chance a Schick, che comunque questa estate al massimo potresti cedere in prestito. Il nuovo direttore sportivo della Roma (o magari semplicemente Massara) avrà un compito probante.
In the box - @augustociardi