LAROMA24.IT (Federico Baranello) - Il 9 giugno 1991 la compagine giallorossa si presenta in quel di Genova per affrontare la Sampdoria nella finale di ritorno di Coppa Italia. Esattamente dieci giorni prima, nella gara d’andata, la Roma infliggeva un secco e perentorio 3-1 ai blucerchiati: autorete di Pellegrini, pareggio di Katanec, poi le reti di Berthold di testa e Voeller su rigore. A Marassi quindi la Roma si presenta con un buon vantaggio ma occorre fare molta attenzione, si gioca pur sempre in casa dei neo Campioni d’Italia.
I tifosi giallorossi arrivano a Genova già alle prime ore dell’alba colorando la città con i colori di Roma. All’interno dello stadio vengono fatti sistemare sia in Tribuna che nella parte bassa della Gradinata. Il tifo è incessante e all’ingresso in campo delle squadre prende forma anche una coreografia fatta di strisce gialle. Ovviamente dirige i cori, con il suo immancabile megafono, “Er Coca Cola”.
Dopo neanche sei secondi Vierchowod si fa ammonire per un brutto fallo ai danni del “Tedesco che vola”.
La Roma aspetta e attende il gioco della Sampdoria, aspetta e tampona. In questo modo riesce a difendere il risultato dell’andata e archivia il primo tempo.
Nella seconda frazione di gioco i giallorossi entrano in campo in maniera più “gajarda”. Una bella azione di Giannini apre in due la difesa ligure ma il tiro viene deviato in angolo da Pagliuca. Sugli sviluppi del calcio piazzato l’azione che cambia la partita: Di Mauro scodella al centro una palla in direzione di Rizzitelli, quest’ultimo si avventa sul pallone per calciarlo direttamente in porta. Mannini salta in modo maldestro, fuori tempo e tocca la palla con il braccio impedendo di fatto la conclusione a rete alla punta giallorossa: “L’arbitro Pezzella non vede la scorrettezza, ma il guardalinee richiama la sua attenzione 'imponendo' il rigore. Dopo quattro minuti di proteste blucerchiate, Voeller può calciare dal dischetto...” (Cit. La Roma, Giugno 1991). Il “Tedesco che vola” pesca dal suo ricco repertorio di possibili tiri dagli undici metri la botta secca centrale, il classico tiro della sicurezza. È la rete che di fatto chiude la contesa. Al 77’ l’autorete di Aldair fissa sull’1 a 1 il risultato finale.
Dopo il fischio finale inizia il rito della premiazione. Il Presidente della Lega Nizzola consegna la Coppa a Flora Viola. È un modo per consegnarla a chi è stato l’artefice di dodici anni indimenticabili, a chi ha cambiato la Roma per sempre: Dino Viola. Il passaggio del trofeo appena vinto da Donna Flora a Ciarrapico è una sorta di passaggio del testimone. È poi il “Principe” Giannini ad alzare al cielo la settima Coppa Italia della storia giallorossa. I giocatori si dirigono verso il settore dei propri sostenitori. In molti entrano in campo per toccare la coppa, un trofeo meritato per aver seguito la propria “amata” durante tutta la stagione lungo lo “stivale“ e in tutta Europa. In molti desiderano un cimelio, che sia una maglia, un pantaloncino o una tuta. È la festa della Roma e della sua gente. Una stagione costellata da tanti avvenimenti negativi come il caso Lipopill, o addirittura tragici come la scomparsa del Presidente Dino Viola e la conseguente vicenda societaria. Una stagione fatta di cinquantasei incontri ufficiali: trenta di campionato, dodici in UEFA e dieci in Coppa Italia. Una stagione importante: “Marassi ha chiuso una favola stupenda, iniziata nell’estate del 1979. Dodici anni vissuti intensamente dalla grande famiglia giallorossa, che s’è ritrovata unita e compatta nel momento più delicato e difficile. Una grande famiglia che a Genova è riuscita a far festa, nonostante tutto, nonostante tutti” (Cit. La Roma, Giugno 1991).