LAROMA24.IT (F. BARANELLO) - Il 24 aprile 1991 allo Stadio Olimpico, mentre il sole tramonta sui sette colli, inizia la semifinale di ritorno di Coppa UEFA. Dopo Benfica, Valencia, Bordeaux e Anderlecht arrivano i danesi del Broendby. In Danimarca la contesa è terminata a reti inviolate in un match decisamente non spettacolare ma giocato dalle due contendenti con grinta e grande accortezza tattica. Nella capitale l’attesa per l’incontro è altissima. Attesa consumata con l’angoscia che il “tedesco che vola” non possa essere nella formazione titolare per via di uno stiramento patito appena dieci giorni prima. Sessantamila sono gli innamorati che hanno risposto “Presente”. Si canta, si incita. Ha piovuto ma l’atmosfera è tutt’altro che fredda.
Le squadre entrano nel rettangolo verde avvolto in un perimetro di fumogeni giallorossi. Chi si aspetta una Roma all’arrembaggio rimane deluso. Ottavio Bianchi ha preparato la partita con l’obiettivo di togliere ai danesi l’unica freccia nel loro arco: il contropiede. Per farlo decide che il pallino debbano tenerlo loro. I danesi, che non sono una squadra tecnica, palesano i loro limiti tecnici con una Roma “abbassata” e vanno quindi in difficoltà. Al 33’ il lampo che accende la serata: gran sinistro di Nela e “…la palla smorzata dal portiere si arresta prima della linea di fondo ed è lì che Di Mauro si avventa per un traversone corto che trova Rizzitelli puntuale e liberissimo per il colpo di testa dell’1-0” (Cit. La Stampa, 25 aprile 1991). Grande euforia sugli spalti mentre Rizzitelli danza sotto la Curva Sud. Ma è maledettamente presto per cantar vittoria. Infatti, come da miglior tradizione giallorossa, la vita si complica improvvisamente. Al 61’ in un’azione di contropiede, quello che Bianchi voleva evitare, un intervento di Comi mette fuori causa Cervone e nulla può Nela con un disperato intervento di recupero. È 1-1. È tutto da rifare.
Mancano solo 30’ minuti dal sogno della terza finale europea per la compagine giallorossa. Saltano allora le tattiche, gli schemi e le marcature. Ora solo un cuore gettato oltre l’ostacolo può permettere di sognare. Entra Muzzi al posto di Comi e la Roma è ora a sola trazione anteriore. Ora attacca a testa bassa. Purtroppo alcuni errori in fase di conclusione e una serata ovviamente di grazia del portiere avversario non consentono ai giallorossi di concretizzare in maniera alcuna. All’87 finalmente accade ciò che è giusto. Azione manovrata della Roma nonostante il pressing degli avversari e Pellegrini mette palla al centro. Berthold colpisce di testa ma la difesa danese respinge al limite dell’area. A questo punto Desideri lascia partire una gran botta che il portiere Schmeichel respinge corto. Qui il tempo si ferma. La palla rimbalza lentamente al centro dell’area. Cala il silenzio. Sono solo frazioni di secondi eppure sembrano un’eternità. Sulla palla arrivano Rizzitelli e Voeller. La palla schizza in porta. È boato! È l’apoteosi! Chi ha tirato? Chi ha segnato? Probabilmente è stata spinta da tutti coloro che erano sugli spalti. Poco importa scoprire poi che è stato Voeller. Del resto Voeller è uno di noi. Ciò che importa è che la palla sia entrata.
Un mucchio selvaggio esulta e urla sopra Voeller e Rizzitelli. Anche Alicicco entra in campo.
Si riaccendono i fumogeni proprio mentre Voeller chiede il cambio. Come a dire “Quello che dovevo fare l’ho fatto”. Proprio lui che era in forse sino all’ultimo per infortunio. Lui, il “tedesco che vola” fa volare la Roma. L’Olimpico è una bolgia, tutti in piedi a cantare e a roteare le sciarpe sopra la testa. Volano parole grosse tra le due panchine mentre lo stadio intona “Cambia canale, laziale cambia canale”. Astuzia, coraggio, delusione, amore, gioia e un gran Cuore: in Roma – Broendby c’è tutto questo.