
LAROMA24.IT - Sono le 13,30 del 19 gennaio del 1991 quando lingegner Dino Viola, presidentissimo dellA.S. Roma, ci lascia. Neanche un mese prima era stato ricoverato ed operato per un male incurabile che gli aveva sconquassato i polmoni. Nonostante la convalescenza a Pieve di Cadore e il successivo periodo di riposo nella sua residenza invernale a Cortina, il presidente del secondo scudetto giallorosso, peggiorò nelle prime settimane del nuovo anno e riportato in clinica a Roma, si arrese definitivamente, lasciando tutto il popolo romanista con un dolore inconsolabile.
"E' morto Viola, l'ingegner Roma". E' il titolo del Corriere della Sera di domenica 20 gennaio. Forse il titolo che meglio esemplifica vita e opere di chi in quasi dodici anni ricostruì dalle basi l'associazione sportiva Roma.
Dino Viola nasce ad Aulla, in Liguria, nel 1915 e ad appena 6 anni viene mandato a Roma per studiare. Entra subito a contatto con lo spirito della città e della squadra di calcio: è a tutti gli effetti un romano e romanista, anche se acquisito. Si narrano vari episodi del primo Dino Viola: si racconta che, trovandosi a percorrere il viale Regina Margherita, si trovò a contatto con il fiume di tifosi romanisti che si recavano allo stadio e ne seguì le bandiere. Era cominciata lì la sua vita da cittadino romano, il suo destino lo volle parte del popolo di Roma. Si racconta, anche, di una trasferta in bicicletta con sua moglie a Livorno nell'anno del primo scudetto (1942), quando al goal della Roma gridò di felicità senza curarsi degli avversari, e ricevette un'ombrellata in testa. Cominciò anche a giocare all'inizio degli anni trenta, al campo di Testaccio, quando era allenatore Francis Burgess. Viola si laureò in ingegneria, e nel dopoguerra aprì in Veneto un'industria di parti meccaniche per armamenti. (cit. Wikipedia)
Entrato nei quadri dirigenziali dell'a.s. Roma nei primi anni settanta, sotto la presidenza Anzalone, ne rileva la presidenza il 17 maggio 1979: inizia una nuova éra per la società giallorossa. Viola portò ambizione e capacità di investimento. Aveva fatto da sempre della Roma la sua seconda famiglia, e, pur guardato con scetticismo dai "salotti" del calcio professionistico, dimostrò sempre di non avere nessun complesso di inferiorità (sua la celebre frase: “La Roma non ha mai pianto e mai piangerà... perché piange il debole, i forti non piangono mai”).
Il nuovo presidente cambia radicalmente la strategia operativa dei club: a guidare la squadra chiama Nils Liedholm, che ha appena regalato al Milan lo scudetto della «stella». I giovani diventano la base: al Parma viene prelevato Carlo Ancelotti, uno dei gioielli più ambiti in quella estate di dodici anni fa. Sarà una scelta azzeccata: Carlo sarà infatti una "bandiera" negli anni d'oro.
Già all'esordio la nuova Roma saprà conquistare l'ambita Coppa Italia. Durante la gestione Viola ci saranno altre tre vittorie nella stessa manifestazione. La squadra giallorossa diviene ben presto l’unica alternativa all’"inattaccabile" Juventus di Giampiero Boniperti. Proprio contro i bianconeri a Torino la Roma subisce uno dei torti più clamorosi della storia del campionato di serie A: il gol annullato a Turone per un fuorigioco inesistente consegnò lo scudetto alle “zebre”. Scudetto ritardato di poco. Nella stagione ‘82/’83 la Roma conquista il secondo scudetto della sua storia dopo ben 41 anni. Paulo Roberto Falcao è l'anima vincente di una squadra imbattibile, che fa leva sul campione del Mondo Bruno Conti, il capitano di mille battaglie Ago Di Bartolomei, il bomber Roberto Pruzzo e una squadra completa in ogni reparto. La Roma ci prova anche in campo europeo e la stagione seguente riesce a conquistare la finale di Coppa Campioni, ma l’epilogo a Roma il 21 maggio ’84 contro il Liverpool diverrà una data da cancellare nell’agenda romanista. La squadra dell’ingegnere continuerà a stazionare nei piani altri del calcio che conta, anche se nei secondi anni ’80 si lasciò sfuggire un incredibile scudetto perdendo alla penultima giornata contro il retrocesso Lecce, dopo un altrettanto incredibile rimonta alla capolista Juventus.
Nelle 12 stagioni che lo vedono al vertice della società Viola si affida a quattro grandi strateghi. Il primo, Nils Liedholm, soggiornerà nella capitale per sette anni, in due fasi diverse. La prima lo vedrà conquistare lo scudetto, tre Coppe Italia e la finale di Coppa Campioni nel 1984. Lascia una pesante eredità al connazionale Sven Goran Eriksson, che porta un gioco mai visto e metodi di allenamento innovativi. Quindi è la volta di Gigi Radice che fa miracoli con una squadra che deve affrontare mille problemi, ma ottiene il ritorno in Europa. Ultimo Ottavio Bianchi, capace nell'anno della dipartita del presidente di vincere una Coppa Italia e raggiungere la finale di Coppa Uefa.
Complessivamente, nei suoi 11 anni e otto mesi di presidenza, l’ingegner Dino Viola vinse un campionato italiano (1982/1983), ottenendo inoltre 3 secondi posti, 5 Coppe Italia, una finale di Coppa dei Campioni e una di Coppa UEFA.
Il giorno dopo la scomparsa la Roma perse all’Olimpico contro un modestissimo Pisa per 2-0, palesando una presenza/assenza dalla contesa agonistica sin dai primi minuti di gioco. Tutta la gente romanista, anche i più acerrimi nemici, tributarono il giusto omaggio al presidente che cambiò la Roma: da “Rometta” a squadra da rispettare in Italia e in Europa. E anche quel suo linguaggio, tutt'altro che incomprensibile, definito "violese", troppo incisivo e scomodo, troppo chiaro e pungente, sempre e comunque fastidioso per chi doveva ricevere il messaggio, la battuta, l'accusa, ne fecero un personaggio insostituibile e irrinunciabile per un mondo spesso ipocrita e gretto, come quello del calcio. Nelle celebrazioni, doverose ma spontanee, Dino Viola si è probabimente riconosciuto solo in parte. Negli ultimi anni aveva preferito il silenzio alle battaglie verbali. Ne aveva subite di tutti i colori. Spesso si era trattato di attacchi proditori, inaccettabili. Mai però l'aveva sfiorato l'idea di mollare. “La resa - ripeteva - è dei vigliacchi e questo è un vocabolo che non conosco”. (cit. LaRoma)
Il Comune di Roma gli ha dedicato un piazzale a suo nome a Trigoria, proprio nell’area antistante a quel Centro Tecnico “Fulvio Bernardini”, voluto e realizzato sotto la presidenza dell’ “ingegner Roma”.